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Gallarate | 23 gennaio 2022, 14:51

Gallarate, il Male non si dimentica: finisce la presentazione delle “Pietre d’inciampo” e non se ne va nessuno

Momento intenso al cimitero monumentale per accogliere le pietre dedicate a Clara Pirani Cardosi, Lotte Froëhlich e Vittorio Arconti. Coronato un percorso durato anni. Che prosegue

Le pietre d'inciampo che saranno incastonate nel tessuto urbano di Gallarate

Le pietre d'inciampo che saranno incastonate nel tessuto urbano di Gallarate

La cerimonia termina e nessuno se ne va. Cimitero monumentale di Gallarate, presentazione delle pietre d’inciampo. Ricordano Clara Pirani Cardosi, Lotte Froëhlich Mazzuchelli, Vittorio Arconti.  È mezzogiorno, minuto più minuto meno, del 23 gennaio 2022.  C’è il “rompete le righe” ma i partecipanti non prendono la via che porta all’uscita. Forse nemmeno se ne accorgono. Cosa fanno? Si avvicinano. Alle pietre che portano i nomi di Clara, Lotte, Vittorio. Gallaratesi, per nascita o adozione, tutti e tre. Finirono nel tritacarne della seconda guerra mondiale. Anche nei lager. Vivevano dove si vive oggi. Nelle strade e nelle piazze della città. Le pietre saranno posizionate vicino alle loro abitazioni. Il ricordo, fra l’altro, di Rom e Sinti nel discorso di Michele Mascella.  

L’ultima residenza di Vittorio fu in via Mameli, piazza Garibaldi per Lotte, via Palestro/Del Popolo per Clara. In ognuno dei tre punti ci sarà un’occasione d’inciampo. E la perdita d’equilibrio costringerà a pensare. Ad approfondire. A ricordare. Morta ad Auschwitz, Clara. «Condivise – ha ricordato Ester De Tomasi, presidente Anpi della Provincia di Varese -  una parte del percorso con mio padre. Carcere di San Vittore, poi Fossoli, Verona e Bolzano. Infine il campo di concentramento, lui a Mauthausen, lei ad Auschwitz. Era minuta e fragile, aveva due figlie adolescenti e una piccola, tre anni».

Lotte cercava di riparare in Svizzera. Angelo Bruno Protasoni, associazione Mazziniana: «Era fra i pochi ebrei rimasti in Italia. Fu arrestata a Meina dalle SS. E, con altri, giustiziata, zavorrata e gettata nel lago Maggiore. Si voleva fare perdere ogni traccia di queste persone. Le sue spoglie sono qui». Vittorio Arconti? Lo ha ricordato la professoressa Guja Baldazzi: «Era comunista. Quando i fascisti organizzavano delle manifestazioni veniva preventivamente arrestato. Nato a Lonate Pozzolo, residente a Gallarate». Fu tra i promotori degli scioperi in fabbrica che costarono la vita a tanti, tra Busto Arsizio (Comerio Ercole) e Legnano (Franco Tosi). Deportato nel girone infernale di  Mauthausen, esalò l’ultimo respiro nel famigerato castello di Hartheim.

Cerimonia officiata da Michele Mascella (Anpi): l’arrivo delle “Pietre d’inciampo”, opera dell’artista  Gunter Demnig, è il frutto di un lavoro pluriennale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, sezione di Gallarate, e dell’Associazione Mazziniana. Rappresentanza del Consiglio comunale (i consiglieri Margherita Silvestrini, Carmelo Lauricella, Cesare Coppe, assessore Chiara Allai). L’assessore Claudia Mazzetti: «Le atrocità del passato sono devastanti. E il passato non si può cancellare. Ma ci aiuta a evitare di ripetere gli stessi errori». Al professor Restelli la ricognizione storica sugli anni tragici del secondo conflitto mondiale: «Oltre 800.000 italiani conobbero la prigionia. Molti la morte oltre le Alpi. Da Legnano furono deportati in 30, da Busto in 50, da Gallarate una decina […] Ma possiamo insegnare ai nostri figli e ai nostri studenti che esiste solo una razza. Quella umana».

Finisce qui? Protasoni sui concittadini che persero la vita in circostanze tragiche ha fatto due nomi: Egidio Checchi (alle Fosse Ardeatine) e Giuseppe Rossi ( Mauthausen). La memoria non assolve. La memoria, semplicemente, prosegue il suo percorso.

Stefano Tosi

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