È tornato su alcuni dei temi toccati durante la chiusura dell’anno giubilare, monsignor Severino Pagani, nell’omelia dell’ultima messa dell’anno. Su esperienze sintetizzate nelle parole “penitenza”, “misericordia” e “speranza” (vedi QUI). Poi ha introdotto altre tre fonti di riflessione, tre doni, fra ringraziamento e auspicio.
Primo passaggio dedicato alla vita, «…frutto dell’amore di Dio». «Bisogna – ha approfondito monsignore – riscoprire il gusto della vita. Penso fra l’altro agli adolescenti, ragazzi che finiscono una fanciullezza a volte troppo coccolata e soffrono l’impatto con la realtà, tra difficoltà e rischio di depressioni profonde». Ampliando l’orizzonte, il richiamo alla necessità di dire no a ogni «…forma di violenza, piccola e quotidiana o grande, nel mondo. Ci vorrebbe un nuovo sussulto di cristianesimo, l’amore per la vera tradizione della fede».
Secondo dono, la Chiesa: «Gesù l’ha fondata per questo, perché abbiamo bisogno gli uni degli altri». Nella dimensione, ha ricordato don Severino, si vivono le esperienze dell’aiuto, dell’aggregazione, del perdono, della comprensione. Dell’esempio: quello del Papa, infaticabile nel chiedere pace, ma anche dei fedeli, numerosi a Roma durante il Giubileo. Ancora: «C’è bisogno di un nuovo coordinamento della carità, di nuove forme di volontariato. Preghiamo per l’educazione dei giovani. È difficile trovare forme di catechesi che creino gruppi stabili, fare aggregazione». Imprescindibili i richiami agli oratori, ai quali servono risorse, a istituzioni ecclesiastiche che stanno cambiando, a una tradizione profonda che deve resistere alla cultura dominante: «Abbiamo fatto un Natale in cui Gesù bambino è sparito».
Chiusura dedicata alla società civile e al dono della pace. Presente nella nazione e nella città, nonostante le preoccupazioni che scaturiscono dai contesti internazionali, dalla costatazione «…del dolore del mondo dell’impotenza delle diplomazie». Don Severino ha calato il discorso nella società e nella quotidianità dei rapporti, fiaccati spesso da rabbia e aggressività: «Dobbiamo ritrovare anche il gusto della pace, la bontà non è debolezza». Sulle forme di comunicazione più diffuse: «L’uso dei social non può rendere lecita l’arroganza, la calunnia, la cattiveria. Alla violenza si arriva partendo dalle parole». Sul futuro, anche imminente, della città, monsignore ha auspicato «…progetti precisi, una democrazia partecipata e informata, dai contenuti conosciuti e verificabili. Che vengano la voglia di andare a votare e la voglia di bene comune». Dopo quello nella messa di chiusura del Giubileo, ancora un pensiero rivolto alle istituzioni: «Riconoscenza per coloro che ci lavorano» (erano presenti il vicesindaco, Luca Folegani, la presidente del Consiglio comunale, Laura Rogora, l'assessore Manuela Maffioli, i consiglieri Orazio Tallarida, Gigi Farioli, Vincenzo Marra).
L’esortazione finale: «Possiamo essere protagonisti attivi della vita civile. Affidiamoci alla Madonna dell’Aiuto che non ci abbandona mai».


















