Chiudiamo il nostro viaggio nella spirito "nascosto" delle Paralimpiadi di casa nostra con una messaggio di Natale indirizzato a chi tutti i giorni in silenzio accompagna allo sport, e quindi alla vita, i ragazzi che sciano o giocano a hockey da seduti, nuotano quando pensavano di non potersi neppure avvicinare a una piscina o giocano a calcio, basket e a qualunque disciplina su una carrozzina o con qualunque patologia. Loro non chiederanno nulla a nessuno anche nel momento in cui i fari sui Giochi Olimpici e Paralimpici di Milano Cortina saranno spenti, ma meritano tutto. E, soprattutto, un augurio di buon Natale.
Per sentire il Natale, nella nostra provincia, devi saper ascoltare.
Una persona mette ordine come può. Altre persone ascoltano e ubbidiscono come possono. Nessun superpotere, nessun eroismo, nessuno schema.
Persone. Prima di tutto persone. Senza etichette addosso, senza tratti somatici capaci di dividerle in categorie. Giocano insieme, festeggiano un gol, si arrabbiano per un passaggio mancato, finiscono la partita, si salutano, tornano a casa. Alla domanda “come stai?” rispondono “ce la caviamo!”, in automatico. Abituate anche all’assenza di ascolto vero, di domande vere e risposte vere.
Sul marciapiede, ogni giorno, vivono e donano momenti lontani anni luce da temi e termini che riempiono di nulla testi e convegni. Persone trattate da persone, a prescindere da patologie o condizioni sociali.
E la differenza si vede.
Il Natale della provincia di Varese più bella si sente così. Grazie a persone riconoscibilissime per chi le vuole conoscere. Lontane dalle celebrazioni calendarizzate e dalle “giornate nazionali del…”.
A loro va un grazie mai abbastanza detto. Perché, tra difficoltà quotidiane e indifferenza, vivono priorità ed emergenza, donando presenza, ascolto e attenzione, offrendo opportunità vere di crescita, relazione, dignità, vita.
Buon Natale e buon anno alla provincia di Varese più bella. Grazie di esistere, di esserci sempre, di resistere.

















