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Attualità | 20 ottobre 2025, 19:23

Femminicidio, la voce del Siulp Varese: «Basta accuse, la colpa non è delle forze dell'ordine. Aiutateci ad aiutarvi»

Dopo la tragica morte di Pamela Genini, il segretario del sindacato di Polizia provinciale Paolo Macchi interviene nel dibattito pubblico. «Subire in silenzio è ingiusto. Ogni giorno preveniamo drammi che non fanno notizia. La politica faccia buone leggi invece di fare criticare asettiche che servono solo ad alimentare sfiducia e odio»

Femminicidio, la voce del Siulp Varese: «Basta accuse, la colpa non è delle forze dell'ordine. Aiutateci ad aiutarvi»

L’eco della brutale uccisione di Pamela Genini, la 29enne assassinata con oltre trenta coltellate dal compagno a Milano, non si spegne. E come un’onda lunga, arriva a scuotere anche la provincia di Varese, riaccendendo il dibattito sulle responsabilità e sugli strumenti per contrastare la violenza di genere. In questo clima di dolore e interrogativi, interviene con forza Paolo Macchi, segretario generale del Siulp Varese (Sindacato Italiano Unitario dei Lavoratori di Polizia), per difendere l’operato delle Forze dell’Ordine e lanciare un appello alla collaborazione.

La tragica vicenda, spiega il sindacato, ha portato molti a puntare il dito contro lo Stato e, in particolare, contro le Forze di Polizia, «tacciate spesso di incompetenza e inadeguatezza nel trattare situazioni così delicate». Un’accusa che il Siulp non intende accettare passivamente.

«Vorremmo dire la nostra, perché subire in silenzio è ingiusto - afferma direttamente Macchi - È ingiusto, soprattutto, nei confronti di colleghe e colleghi che ogni giorno, costantemente e incessantemente, vestono una divisa per operare in un’ottica di prevenzione e di tutela nei confronti di chiunque abbia un problema, seppure con la metà dell'organico di cui necessiteremmo».

Il segretario del Siulp sottolinea come l’informazione, per sensibilizzare l’opinione pubblica, si concentri comprensibilmente sui casi che finiscono in tragedia. Ma questa, secondo Macchi, è solo una parte della realtà. «Per ogni triste evento che accade ve ne sono infiniti altri che, anche grazie all’intervento tempestivo e preparato delle Forze dell’Ordine, hanno un esito positivo. Fa meno notizia la foresta che cresce, si sa. Ma non accettiamo che l’intera responsabilità si riversi sulla nostra presunta inadeguatezza».

Macchi rivendica la formazione continua a cui sono sottoposti gli operatori di polizia, chiamati a fronteggiare una varietà di emergenze quasi inimmaginabile. Ma la sola preparazione, ammette, non può essere sufficiente. Da qui, l’appello a un cambio di passo culturale e a una maggiore fiducia da parte dei cittadini. «Aiutiamoci a vicenda - continua Macchi - sensibilizziamo sul tema dell’importanza delle denunce, che non è vero che non portano a nulla. Il nostro è un Paese invaso dalla burocrazia e la denuncia querela rappresenta lo strumento a partire dal quale la macchina si può mettere in moto. La chiamano, in gergo tecnico, condizione di procedibilità, proprio perché in assenza della stessa nulla, purtroppo, può essere fatto».

L'invito è a educare, fin dalle scuole, a riconoscere i primi segnali della violenza. «Insegniamo che uno schiaffo non ha mai motivo di essere giustificato e che la sindrome da crocerossina porta nel baratro della più cieca violenza chi cerca di salvare colui che non vuole essere salvato».

Per portare un esempio concreto del buon operato sul territorio, Macchi cita un recente episodio avvenuto proprio in provincia di Varese: «L'intervento impeccabile sul bus che ha protetto e messo in salvo la giovane oggetto di stalking è un esempio palese di professionalità e tempestività». Un caso che, secondo il segretario del Siulp, è stato anche oggetto di strumentalizzazione politica. Macchi critica «certa politica che ha sviluppato un vulcano di critiche infondate sulle decisioni di un giudice, perfettamente aderenti alle norme in vigore, che non poteva certo prevedere l'ergastolo per questo fatto. Alla politica spetta il compito di fare buone leggi e migliorare le attuali, non quello di fare post e banchetti con critiche asettiche che servono solo ad alimentare sfiducia ed odio».

L’appello finale è un misto di orgoglio e vulnerabilità, un richiamo alla responsabilità collettiva. «Aiutateci ad aiutarvi e fidatevi di noi», conclude Macchi. «E quando non ci riusciamo, anche se la colpa non è nostra, anche se siamo stati a un soffio dall’evitare un dramma, il senso di colpa ci logora. Aiutateci a diffondere la cultura della prevenzione, fate rete insieme a noi. Perché solo così, noi crediamo, le cose possono iniziare a cambiare».

Redazione

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