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Valle Olona | 06 settembre 2025, 09:36

Castellanza, comunità e identità le parole chiave della cultura. Intervista all’assessore Davide Tarlazzi

Valorizzare i luoghi, puntare sulla qualità delle proposte, riscoprire e diffondere anche fuori dai confini castellanzesi i tesori della città: questo l’intento dell’assessore a cultura e istruzione. Che ha un desiderio: coinvolgere la città nella riscoperta di Villa Pomini

Castellanza, comunità e identità le parole chiave della cultura. Intervista all’assessore Davide Tarlazzi

Davide Tarlazzi, tre lauree in campo umanistico, tra cui una triennale in scienze dei beni culturali e una magistrale in storia e critica dell’arte, è assessore alla cultura e all’istruzione di Castellanza per il secondo quinquennio consecutivo. A pochi mesi dalle elezioni che hanno decretato la vittoria della lista Partecipiamo guidata dal sindaco Cristina Borroni, tracciamo con Tarlazzi uno “schizzo” della cultura castellanzese.

Assessore, qual è la sua idea di cultura per Castellanza?
«A guidarci è stata l’dea di comunità che si può contribuire a creare attorno ad un’idea di identità.
Il primo focus è quindi sugli elementi che possono costruire tale identità. Ciò non vuol dire essere chiusi, ma avere qualche dato di radicamento in più che nasce dalla maggior conoscenza del luogo.
Castellanza ha elementi che contribuiscono a costruire un’identità che possono essere fonte di stimolo e scoperta. Oggi c’è la Liuc, in passato c’è stata la stagione dell’industrializzazione, prima ancora la città è stata legata a Milano.
Tutto ciò non cambia la vita ordinaria delle persone, ma offre stimoli e suggestioni».

E questo in concreto come si traduce?
«Per esempio prima delle elezioni abbiamo sviluppato un progetto per raccontare che cos’era la sede della biblioteca comunale. Ora abbiamo iniziato a lavorare su Villa Pomini, legata alla dinastia di industriali, che ospita la collezione di uno dei membri di questa famiglia. Abbiamo incominciato con il restauro del primo nucleo, ora è allo studio il secondo, mentre la terza fase sarà l’esposizione. La stessa operazione è stata fatta con la Villa comunale per farla tornare una testimonianza parlante.
Lavoriamo quindi sull’identità puntando sulle risorse e i beni pubblici e collaborando con le presenze private, come nel caso della raccolta Pagani. Il punto di partenza è la consapevolezza che quella struttura è a Castellanza, ma non è solo per Castellanza. La volontà è quella di aprire ad un pubblico più vasto.
Grande attenzione è rivolta ai luoghi della cultura, dalla biblioteca al Teatro di via Dante a Villa Pomini e continueremo a proporre momenti qualificanti come Eventi in Jazz, che si tiene a Castellanza, ma non è più solo per Castellanza. Così la proposta culturale valorizza i luoghi, serve la comunità, ma permette alla città di entrare in dialogo con il territorio».

C’è qualcosa che durante il primo mandato non ha fatto ma avrebbe voluto fare?
«Rispondo con una cosa che abbiamo fatto, ma per la quale forse i tempi non erano maturi: il Festival di musica classica Ladri di Notte. A Castellanza sono passati artisti internazionali, ma abbiamo fatto fatica ad intercettare il pubblico della città. Una risposta c’è stata, ma non idonea al livello della proposta di primissimo livello. Ci siamo detti che è meglio attendere».

Una difficoltà nel fare cultura a Castellanza c’è?
«A Castellanza, come altrove, rispetto ad anni più lontani e più vicini (penso al Covid) la fruizione della cultura è molto cambiata. Da un lato permane una forma di pigrizia, mentre dall’altro, in un territorio molto interconnesso come il nostro, le persone si spostano. Il tema della qualità della proposta diventa quindi sempre più rilevante. Occorre lavorare per non essere da soli ed entrare nell’ottica dei circuiti per intercettare un pubblico diverso.
In più abbiamo un tessuto sociale e associativo molto attivo, la serie di proposte è molto ricca ed è coinvolta tutta la comunità: penso ad “Accendi il Natale”, “L’estate in città” e la Patronale di San Giulio».

Un suo desiderio?
«Se penso ad un mio desiderio penso a Villa Pomini perché ritengo che lì ci sia un piccolo nucleo, una cinquantina di opere, di grande fascinazione. È la storia di un uomo immerso nell’attività imprenditoriale che coltiva la passione per l’arte e lo fa seguendo piste poco comprese negli anni ’50 e ’60, ma allineate al collezionismo internazionale. Mi piacerebbe coinvolgere la città in questo percorso di riscoperta».

È al suo secondo mandato come assessore: qual è il bilancio dal 2021?
«Sono molto contento di questa avventura perché è un’esperienza a cui credo di aver dato un contributo interessante e in cui ho incontrato tante persone interessanti che si impegnano e non si tirano indietro nell’affrontare sfide e problematiche.
Il bilancio dal 2021 a oggi è un bilancio a cui guardo con riconoscenza. Le difficoltà non mancano, ma ho conosciuto maggiormente una bella realtà».

Mariagiulia Porrello

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