Cultura | 12 maggio 2025, 10:10

Mia Martini, superstizione e solitudine: il racconto di una vita spezzata

Lo scrittore lonatese Massimo Madella ricorda Mia Martini a 30 anni dalla morte con un racconto toccante sulle persecuzioni subite dalla cantante. “Mimì, vittima della superstizione” nasce da ricerche su figure tragiche del panorama lombardo. Il testo ripercorre la carriera e la solitudine di un’artista emarginata da pregiudizi e maldicenze

Mia Martini, superstizione e solitudine: il racconto di una vita spezzata

“Sapessi quanto tempo è che non mi abbraccia più nessuno”. Questa frase, pronunciata da Mia Martini poco prima della sua morte avvenuta il 12 maggio di trent'anni fa, racchiude l’essenza tragica di una delle voci più intense e fragili della musica italiana.  Fu trovata senza vita il 14 maggio.

Lo scrittore lonatese Massimo Madella ha scelto di ricordarla con un racconto potente e doloroso: “Mimì, vittima della superstizione”.

Il testo nasce un anno fa come parte di un progetto più ampio – un libro dedicato a storie di vite sventurate – mai giunto a compimento. Madella ha però deciso di non disperdere quelle pagine. Tra queste, spicca la storia di Mimì Bertè, per lui non solo oggetto di ricerca, ma una delle sue cantanti preferite. Il racconto verrà presentato anche in alcune biblioteche e chi fosse interessato a invitare l’autore può scrivere all’indirizzo: massimomadella@gmail.com.

Il testo di Madella ripercorre, con uno sguardo partecipe e documentato, le tappe della parabola umana e artistica di Mia Martini: dagli esordi folgoranti alla persecuzione infame subita per decenni, segnata da superstizioni, maldicenze e solitudine. Fonti come il Corriere della Sera e l’intervista su Panorama – in cui la cantante si confessava vittima di una vera e propria caccia alle streghe – danno consistenza al racconto. La cantante, rifiutata da colleghi e produttori, era stata additata come portatrice di sfortuna: un marchio ignobile che la condusse a un progressivo isolamento.

Attraverso testimonianze, episodi dimenticati e una scrittura carica di empatia, Madella restituisce dignità e voce a una donna che ha pagato il prezzo della sensibilità in un ambiente spietato. La sua morte, ufficialmente attribuita a un arresto cardiaco dovuto a un’overdose, resta avvolta nel dolore e nell’ambiguità. «A ucciderla - scrive l’autore - non è stata solo la droga. È stata la cattiveria della gente».

Un racconto, quello di Madella, che commuove e fa riflettere. Perché parla di Mia Martini, sì, ma anche di tutti coloro che vengono esclusi, emarginati, dimenticati. E ci invita a chiederci: quante volte siamo stati spettatori silenziosi della crudeltà altrui?

Laura Vignati

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