Scuola | 06 maggio 2025, 20:47

Alla Liuc, la sfida dell'educazione e il potere silenzioso del rinforzo positivo

Educare non è imporre, ma ispirare. In un incontro all'università Cattaneo di Castellanza con il professor Giampaolo Perna, organizzato in collaborazione con Humanitas, si è parlato dell’importanza di una pedagogia fondata sul modello e sul rinforzo positivo. Un approccio che trasforma l’educazione in un investimento concreto per la felicità e la coesione sociale

Alla Liuc, la sfida dell'educazione e il potere silenzioso del rinforzo positivo

«Aiuto le persone a stare bene», ha esordito così Eliana Minelli, professore associato di Organizzazione alla Liuc e delegato rettorale Next Generation e Inclusione, introducendo l’incontro con il prof Giampaolo Robert Perna, ordinario di Psichiatria all’Humanitas University, sul tema dell'educazione, nell'ambito dei seminari scientifici interdisciplinari "Formazione e salute" realizzati grazie con Humanitas Mater Domini. L’educazione, ha spiegato, è un investimento primario, una risposta strategica a una società che invecchia e ha sempre più bisogno di benessere e coesione. Ma è anche un rischio: non possiamo imporre i nostri valori, solo proporli. Eppure, educare non fallisce mai. È un processo continuo, che dura tutta la vita.

Non punire, non premiare: modellare

Perna ha posto una domanda fondamentale: come possiamo influenzare positivamente il comportamento dei giovani? La risposta è chiara: non con la punizione né con la ricompensa, ma attraverso il modello e il rinforzo positivo. «La punizione - ha affermato -  genera emozioni negative e può diventare l’anticamera della violenza. Al contrario, il rinforzo positivo – un gesto, una parola, un sorriso – costruisce abitudini, favorisce comportamenti prosociali e stimola la motivazione intrinseca. La ricompensa, legata al risultato, spesso disconnette dall’impegno. Il rinforzo, invece, si concentra sul comportamento stesso, rendendolo sostenibile nel tempo».

Il comportamento si insegna: la prosocialità va allenata

Essere prosociali significa compiere azioni volontarie per aiutare gli altri: offrire supporto, condividere, ascoltare, includere. «Ma la prosocialità - ha sottolineato Perna - si insegna. Con istruzioni chiare, esempi, pratica. E si stimola strutturando ambienti educativi che la rendano possibile. Ogni comportamento desiderato deve essere immediatamente rinforzato: bastano un ringraziamento, un sorriso, un contatto fisico, un’espressione di apprezzamento. La formula magica? Quattro rinforzi positivi per ogni correzione. Il rapporto 4:1 può cambiare il clima in una famiglia, in una classe, in un’intera comunità».

Educare alla libertà, ma in sicurezza

I giovani oggi vivono tra mondi che spesso gli adulti non comprendono: il digitale, i social, l’intelligenza artificiale. «Gli adulti - ha osservato Perna - proteggono troppo nel mondo reale e troppo poco in quello virtuale. Eppure, ciò che ci rende liberi è proprio la sicurezza. Offrire sicurezza, modelli coerenti e stimoli positivi è il compito educativo del nostro tempo. Non per ottenere obbedienza, ma per costruire libertà consapevoli».

Conclusione: l’educazione come bene comune

Il rischio educativo si affronta promuovendo competenze positive e relazioni significative. Ognuno di noi, adulto o giovane, educatore o cittadino, può fare la differenza. L’educazione non è solo un compito delle scuole o delle famiglie, ma della società intera. E come ha ricordato Perna, «l’istinto della specie è superiore a quello individuale»: solo insieme possiamo crescere bene per saper essere – e fare – bene.

Laura Vignati

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