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Busto Arsizio | 18 aprile 2025, 22:53

VIDEO E FOTO. Una croce dal carcere per abbracciare Busto: emozioni forti con un migliaio di fedeli alla Via Crucis da Sant’Anna alla casa circondariale

Nell’ambito del Giubileo della Vita, Busto Arsizio ha condiviso una Via Crucis intensa e partecipata, partita dalla chiesa di Sant’Anna e conclusa davanti alla casa circondariale. Al centro del rito, la croce realizzata dai detenuti della falegnameria del carcere. Le testimonianze di carcerati, magistrati, volontari e poliziotti hanno commosso i fedeli. Monsignor Raimondi ha invitato ad ascoltare le paure dell’umanità. Un evento di fede, riconciliazione e speranza

Una croce nata tra le mura di un carcere ha guidato un’intera città lungo un percorso di fede, riflessione e umanità. È partita dalla chiesa di Sant’Anna, a Busto Arsizio, la toccante Via Crucis che ha visto sfilare un migliaio di fedeli fino alla casa circondariale cittadina, cuore simbolico e fisico di un rito che ha unito dentro e fuori, libertà e detenzione, sofferenza e speranza.

La croce processionale, realizzata con maestria e partecipazione dai detenuti della falegnameria del carcere, è stata portata davanti a tutti: chierichetti, sacerdoti, autorità e corali miste di Busto l’hanno seguita in silenzio, sotto lo sguardo di un’intera comunità raccolta e commossa. A coordinare il cammino don David Maria Riboldi, accompagnato da monsignor Luca Raimondi, dal sindaco Emanuele Antonelli, dagli assessori Manuela Maffioli, Mario Cislaghi, Luca Folegani e Alessandro Albani. Sette le stazioni allestite lungo il tragitto, fino al palco montato di fronte al carcere.

Tra gli altri, protagonisti del rito i giovani del Centro Stoà, che hanno letto testimonianze di rara intensità emotiva: parole scritte da chi vive dietro le sbarre, ma anche da magistrati, poliziotti penitenziari, volontari e lavoratori della Valle di Ezechiele, associazione che da anni opera all’interno della casa circondariale. Le voci spezzate, i racconti di errori e rinascite, hanno fatto vibrare l’aria insieme ai brani del Vangelo, alle litanie d’intercessione e ai canti. 

Particolarmente sentito il momento finale, con la riflessione di monsignor Luca Raimondi che ha presieduto la celebrazione. La sua omelia ha toccato le corde più profonde: «Il mio cuore è libero perché ho capito che ho sbagliato. Non mi va giù che ci sia un ladro buono e uno cattivo… quell’uomo non era cattivo, aveva solo paura. La paura di non essere perdonato». Poi un appello ad ascoltare, accogliere, comprendere le paure del nostro tempo: le guerre, la solitudine, la crisi economica, la depressione.

La croce, ha ricordato il vescovo, rievoca il pastorale donato dai detenuti e racchiude il senso del Giubileo della Vita, di cui questa Via Crucis fa parte. La celebrazione si è conclusa con il canto composto da don David e da un ex detenuto oggi chitarrista e lavoratore in cooperativa, eseguito dai volontari de La Valle di Ezechiele.
Sentito anche l’intervento della direttrice Maria Pitaniello: «Un grazie per la partecipazione così numerosa. L’aver scelto in questo anno come ultima stazione della via Crucis proprio il carcere credo che abbia un valore di particolare importanza: deve essere un invito a riflettere sul proprio vissuto e le proprie scelte rivolto a ciascuna persona reclusa, a migliorare».
A tutti i partecipanti è stato distribuito un libretto illustrato, la cui copertina è stata disegnata da una persona attualmente in cammino nella casa circondariale di Busto. Le immagini delle stazioni riportate all’interno sono tratte dalle opere donate da Angelo De Natale, artista di Cassano Magnago, oggi scomparso. E anche la stola indossata da monsignor Raimondi racconta una storia: arriva dalla sartoria del carcere di Secondigliano, a Napoli.

Una cerimonia intensa, autentica, dove la croce – costruita in silenzio tra mura chiuse – è diventata ponte tra le anime. E ha parlato di perdono, dignità e speranza.

Laura Vignati

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