Uno sguardo carico di tensione, ostile, diretto al cuore della parte civile. Si è aperta con un episodio ad alta carica emotiva l’udienza odierna del processo a carico di Marco Manfrinati, imputato per atti persecutori nei confronti dell’ex moglie Lavinia Limido, della madre di lei Marta Criscuolo e del padre Fabio Limido, poi ucciso dallo stesso imputato il 6 maggio 2023, data in cui avrebbe anche tentato di uccidere l’ex coniuge.
Nel corso della mattinata, durante la riproduzione di una registrazione audio tra la compagna del fratello dell’imputato e Lavinia Limido, Manfrinati ha rivolto un lungo sguardo minaccioso al legale di parte civile Fabio Ambrosetti, accompagnandolo con un presunto labiale violento. Il gesto, che ha rievocato le parole usate in aula dallo stesso imputato – secondo il quale Ambrosetti rappresenterebbe «un obiettivo militare giusto» – è stato contenuto grazie all’intervento dell’avvocato difensore e alla presenza dei militari dell’Arma e della Polizia Penitenziaria.
L’udienza si è poi articolata secondo il calendario previsto, con l’escussione dell’ultimo teste della procura – il fratello dell’imputato – e con l’intervento del pubblico ministero Maria Claudia Contini. In una requisitoria durata circa un’ora, la Pm ha ripercorso la presunta condotta persecutoria, sottolineando come «il codice penale non contempli alcuna scriminante o attenuante per chi perseguita un’ex coniuge in ragione di una nuova relazione, né per chi pretende di trasformare la paternità in uno strumento di controllo». Al termine della sua esposizione, la procura ha formulato richiesta di condanna pari a cinque anni e sette mesi di reclusione con riferimento al capo B dell’accusa.
Ha fatto seguito l’intervento della parte civile, rappresentata dall’avvocato Ambrosetti, che ha chiesto la condanna dell’imputato e il riconoscimento di un risarcimento danni immediatamente esecutivo per un ammontare complessivo di 150mila euro a favore di Lavinia Limido e Marta Criscuolo.
Nel pomeriggio si è svolta la discussione della difesa, affidata all’avvocato Fabrizio Busignani. L’avvocato ha contestato l’impianto accusatorio sottolineando la mancanza del requisito dell’abitualità della condotta, necessario per configurare il reato di cui all’articolo 612-bis c.p., e ha invitato il giudice a una lettura non ideologica ma strettamente giuridica degli atti presentati in copia forense.
L’udienza si è chiusa in un clima di forte attesa. Le repliche e la pronuncia della sentenza sono state fissate per lunedì 26 maggio alle ore 12:45.