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Politica | 13 aprile 2024, 09:06

«L'alba della nostra Lega a Busto. Un ricordo fantastico perché tutti credevamo di poter cambiare»

In occasione del quarantesimo compleanno del movimento i racconti di Nenetta Cavaiani, Manuela Brazzelli Lualdi e di altri personaggi come il sognatore Gianni Buzzi o l'entusiasta Adriano Unfer. Il ricordo di Sartori, Rimoldi e Girola. Speroni tra un viaggio sulla luna "sponsorizzato dai tifosi" e una cartolina che lo rivela

«L'alba della nostra Lega a Busto. Un ricordo fantastico perché tutti credevamo di poter cambiare»

«Il più bel momento sul Po. Eravamo un gruppo forte, perché credevamo tutti di poter cambiare politica e nazione... La Lega, un bellissimo ricordo». Nelle parole di Nenetta Cavaiani, vibrano un sogno e un po' di nostalgia. Lei è uno dei personaggi chiave di quello che allora guai se lo chiamavi partito: il movimento, sempre. Uno di quelli che a Busto Arsizio hanno fatto la storia del Carroccio. Storia, non rumore. Ma quando ad esempio ci fu da puntualizzare sull'operato dell'amministrazione monocolore leghista per quanto riguarda il piano delle Nord, lei ci mise la faccia. 

«C'era speranza di cambiamento»

In prima linea, non in prima fila a farsi vedere, Nenetta, come tanti altri. E poi a proposito di file, che si ingrossano perché c'è l'irruzione decretata dall'incredibile responso delle urne: dall'opposizione al governo massiccio, perché nel primo mandato di Gianfranco Tosi nel '93 la maggioranza era Lega e stop. Entrarono tantissimi personaggi, anche molto giovani, come l'attuale vicesindaco Manuela Maffioli. Chi si ricorda i mitici gemelli Marcora in sezione? E Gianni Buzzi, segretario cittadino proprio durante quel passaggio dall'opposizione al governo, all'inizio sempre accanto a Giampiero Reguzzoni, futuro vicesindaco e consigliere regionale: li chiamavano Cip e Ciop. Prima alla volta di Palazzo Gilardoni a scoprire magagne dei partiti storici, poi nel ruolo amministrativo.  

Anche Franco Girola dovette fare questo passaggio e portò tutto il suo ardore nella difficile stanza dei bottoni: un'immagine che ci restò dentro, quella dell'assessore che accorreva e guardava sconsolato l'ex passaggio a livello di via Gaeta allagato. Ci perdeva la testa, per risolvere la questione. Ancora oggi, quando si abbatte il temporale,  ci sembra di vedere Girola lì a escogitare il da farsi, non a mandare qualcuno semplicemente.

Buzzi, anche lui più sognatore, fu comunque assessore e schiettamente ci dice: «È stata una speranza di cambiamento, oggi non so. Il momento più bello? Sicuramente fine anni 80 e 90 con la nascita della Lega a Busto. Brutto... il primo consiglio comunale a Samarate, una persona mi ha insultato e aggredito». Poi aggiunge: «Oltre al momento in cui mi sono sentito tradito dai fatti di Bossi». Quelli che hanno un nome: il cerchio magico.

In diversi si sono scottati, con quel cerchio e altri. Il clima stava cambiando.

Prima di approdare al governo di Busto, la Lega cittadina si era presa anche i suoi spazi a Roma peraltro. Oltre a Francesco Speroni, Marco Sartori, giovane imprenditore che divenne deputato nell'aprile del '92 (LEGGI QUI). Sì, era l'epoca dei duri e puri, che tuonavano contro la Prima Repubblica che si stava per sfaldare. Ma poi si andava a visitare in carcere Gian Pietro Rossi, sindaco arrestato (e dopo anni assolto) nell'inchiesta di Tangentopoli, perché era una persona stimata. E si era uomini, prima che di un partito.

Era quel movimento che aveva infiammato anche l'animo di un giornalista, Giovanni Rimoldi. «La Lega era nel suo sangue - ci dice la famiglia - Ci credeva con passione, convinzione e onestà». Cronista, specializzato nel settore aerospaziale, si prese a cuore la grande partita del territorio di allora: Malpensa. Allora c'era anche un presidente della Provincia che voleva volare: Massimo Ferrario, nato a Como e residente a Castellanza.

Quest'ultima località giocherà un ruolo chiave, non solo per questo. 

Quando Marco Sartori, uomo di punta, viene colpito da meschinità e gelosie, il suo percorso politico ricomincerà da lì. Consigliere comunale a Castellanza, con precisione e serietà. Salvo poi essere richiamato a livelli nazionali, lui che era stato presidente della commissione Lavoro alla Camera e aveva conosciuto Marco Biagi, per un'impresa che prese più che sul serio: la presidenza dell'Inail. Impressionò i dipendenti nella buona sorte e in quella cattiva, quando volle annunciare a tutti la sua malattia. Quando scomparve,  nel 2011, la commozione attraversò ogni sede. Ancora oggi, ci sono dipendenti che ci scrivono di lui, il Presidente.

Amici con principi comuni

Sempre a fianco di Sartori, uniti anche dallo sport (ricordiamo che all'ex deputato è intitolata la piscina di via Manara), c'era Gigi Rosa, che poi divenne l'ultimo sindaco leghista. L'amicizia, anche con Bobo Maroni, passò da momenti indimenticabili (LEGGI QUI)

La cavalcata dei nomi continuano. Nei tempi del cerchio magico, non le mandò a dire in consiglio Antonio Raimondi. Solo recentemente è tornato e ha condiviso un momento speciale con Bossi (QUI).

Nenetta Cavaiani era una dei consiglieri più assidui nel celebrare matrimoni. Accanto a lei, c'era Manuela Brazzelli Lualdi, avvocato. Anche "Che Baraonda" le celebrò come "sacerdotesse".

E proprio a lei affidiamo un po' di ricordi. 

«Cosa era la Lega degli anni 90... Era un gruppo di persone diverse tra loro che ritrovatesi, sono diventate poi amici, leali e fedeli poiché avevano principi e valori sani oltreché semplici in cui credevano e che erano animati dalla stessa voglia di fare, di cambiare e di lasciare una impronta  - racconta - Inizialmente non c’era protagonismo e/o individualismo poiché la leadership in capo ad esempio a  Marco Reguzzoni, è stata naturale poiché  altro non è stato che  un riconoscimento di lungimiranza, capacità, qualifiche, competenze, la cosiddetta ” marcia in più’” , partito dal basso».

Ma non dura molto così: «Visto che la Lega era sulla cresta dell’onda, la platea dei leghisti e/o pseudo si è allargata e strada facendo, sul carro, sono salite altre persone. Ci sono stati confronti  a volte costruttivi  ma  a volte “distruttivi”, visto le fazioni che si erano create all’epoca e che si ispirano/basavano non solo su opinioni differenti ma troppo spesso sull’invidia che accecava facendo perdere le misure. D’altro canto non tutte le persone sono uguali: c’è chi ha una marcia in più e che è destinato ad andare oltre e gli altri che più o meno sono standard». 

Un motore potente

Che sentimenti ha, guardandosi indietro? «Rimpiango la Lega di allora che era un gruppo di amici molto legati tra loro, che stava montando, sul carrozzone Italia,  un motore potente che avrebbe consentito di viaggiare a mille - continua -  Se penso alla Lega di allora e/o penso oggi alla Lega, io penso comunque e sempre alla famiglia Reguzzoni con Marco (lui venerdì abbia ufficialmente annunciato la candidatura alle europee con Forza Italia e ha spiegato perché, ndr,  LEGGI QUI) e Paola che hanno veramente dato tanto, hanno fatto molto  e hanno insegnato tantissimo, Giampiero Reguzzoni, Nenetta Cavaiani, Gianni Buzzi, Adriano Unfer, Roger Zanesco (vedi l'esperienza di VivaMalpensaViva), Pietro Bottini  e a tanti altri ancora  e penso ovviamente anche a Marco Sartori, l’uomo giusto, al posto giusto e nel momento giusto».

Per Manuela Brazzelli Lualdi, un ricordo appunto: «Io mi sono allontanata dalla Lega per differenze di vedute, per scelte professionali e personali: ritengo di avere ancora lo stesso  spirito e la stessa anima leghista  di allora,  condivisa con gli amici dello zoccolo duro dell'epoca. I principi ed i valori sono  gli stessi al pari della  voglia di fare e cambiare ma ovviamente, avendo acquisito  esperienza e competenza negli anni, vedo il tutto sotto una diversa prospettiva rispetto ad allora e conseguentemente ho maturato nel contempo altre idee».

Era la Lega che richiamava pochissimi, ma convinti, personaggi del passato. Come l'avvocato Giancarlo Tovaglieri, che portò la sua esperienza precedente ma anche la sua capacità di tenere tutti insieme, meglio se attorno a un tavolo. O nelle giunte: l'architetto Angelo Ottolina, da Casorate. Ma poi c'era Giovanni Bianchi, re dei bilanci, anche lui mancato troppo presto. Nella cultura la scelta naturale allora fu Luciana Ruffinelli: segno particolare, quando ebbe la delega dello sport, scese in campo anche a tirare il calcio d'inizio. Iniziò all'Aler e oggi è assessore, Giorgio Mariani, che allora con i lunghi capelli sfilò come Braveheart.

Un periodo fantastico

In consiglio, almeno agli inizi, tanti volti ma poche voci. Quando Giuseppe Gorini prese le redini, alla fine un suo intervento che restò impresso fu a microfono spento e non ortodosso. Dopo che un esponente della sinistra aveva tuonato contro i regimi di destra, si udì nitidamente la voce di Gorini tuonare: «Pensa a cá tua, pirla». 

C'è sempre il timore di dimenticare qualcuno quando si va così indietro nel tempo. Lasciamo spazio ad altri ricordi con Adriano Unfer, ex poliziotto. E oggi meno deluso di altri: «Mi sono avvicinato al movimento nel 1992. C'era ancora il mitico Pavan. Era finalmente un movimento che si occupava del Nord. È  stato un periodo fantastico: c'era entusiasmo, voglia di fare, speranza di ottenere finalmente qualcosa di concreto. Ora il movimento è maturato, cresciuto. Bene fa Salvini a renderlo un partito nazionale. Penso che con il federalismo otterremo finalmente qualcosa che si avvicinerà all'autonomia. Come diceva Maroni: noi non pretendiamo. Nulla. Vorremmo avere almeno lo statuto autonomo della Sicilia».

Il ministro Speroni, la luna e la Padania

Nel frattempo, c'è Francesco Speroni (di cui Marco Linari ha scritto recentemente il libro "Il volo padano", LEGGI QUI) che tocca i vari, prestigiosi ruoli politici, ma a Busto gira quasi sempre in bicicletta. Uno degli ultimi a cedere ufficialmente al cellulare: come giornalisti ricordiamo anche come fosse facile parlagli in ogni caso. Se era in giro per incarichi europei, bastava segnalare la necessità di contattarlo a casa e lui poco dopo richiamava a meno che fosse su un aereo. Idem quand'era ministro: chiamavi il ministero e te lo passavano subito. E pensare che oggi ci sono assessori che al telefono rispondono in regime di parsimonia.

Speroni è quello che non smentisce i giornalisti per cavarsela, se le sue dichiarazioni suscitano un vespaio. E che per l'intervista dei sessant'anni dice cose non gradite al popolo biancoblù sulla Pro Patria a proposito dello stadio, poi contestualmente confessa un sogno: di voler andare sulla luna. Il giorno dopo, parte la sottoscrizione virtuale dei tifosi sul Bustocco.it: «Dona un euro per mandare Speroni sulla luna».

Se dovessimo però prendere uno degli innumerevoli episodi che ci vengono in mente, relativi a questa sfilza di anni, ne sceglieremmo uno piccolo, totalmente personale e rivelatore. Erano i tempi in cui anche sulle lettere qualcuno scriveva "Padania", non "Italia", per affermarne l'identità. Un giorno ecco una cartolina da Speroni arrivare in redazione: proveniva da Parigi e l'indirizzo recava appunto quel "Padania". Una prova dimostrativa, pensò la sottoscritta sorridendo e ne parlò con il suo mitico caporedattore della Prealpina Gianni Fusetti: ok, sentiamolo e facciamo un pezzo.

- Buongiorno Speroni, ho visto che ha mandato la cartolina per dimostrare che si può scrivere solo Padania e giunge a destinazione...

- Veramente ero sulla Tour Eiffel, mi hanno dato una cartolina da spedire e mi sono ricordato che le piace Parigi... Comunque, se vuole parliamo di Padania.

Speroni, che pensi di conoscere, e poi ti spiazza. Come tanti di quella Lega là.

Marilena Lualdi

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