Ha parlato di filosofia, morale, etica, di pedagogia facendo riferimenti alla Bibbia e all’attualità. Martedì 23 gennaio Massimo Recalcati, dinanzi a un “Fratello Sole” di Busto Arsizio pieno zeppo di gente, ha voluto impartire una lezione che è andata a toccare tanti settori della realtà e della conoscenza.
Nell'ambito della rassegna "Silenzio e Parola" promossa dalla parrocchia Sacro Cuore e del teatro, si è svolta questa serata organizzata grazie all'intervento di Spic (Scuola di psicoterapia integrata e di comunità di Acof). Il professor Recalcati è infatti venuto a Busto in virtù della sua ormai pluriennale collaborazione con la scuola di specializzazione. L'evento è stato possibile anche grazie allo sponsor San Carlo Istituto clinico, oltre che Teknomast e Be Legal Studio.
Ad aprire la serata il parroco fra' Davide Sironi e la dottoressa Chiara Massazza, direttrice didattica Spic, che ha sottolineato: «La scuola è orgogliosa di essere interlocutore importante in città e per la comunità su queste tematiche».
Il professor Recalcati ha voluto dimostrare che la libertà senza legge genera distruzione e lo ha fatto partendo da riflessioni sulla legge e la parola, due chiavi che il nostro tempo decifra male. «Dunque partiamo con l’analisi del termine “parola” – ha detto - E’ esperienza di luce e noi abbiamo reciso il nesso tra la parola e la luce. Come abbiamo anche troncato il legame tra la parola e le sue conseguenze, a differenza invece del Dio biblico che fa esistere le cose e la sua parola ha conseguenze. “In principio Dio disse…”. Se il bambino e l’adolescente non si sforzano di assumere le conseguenze della parola, l’adulto ne dovrebbe assumere le conseguenze». Purtroppo anche questo nesso è stato dimenticato nella società di oggi: «Ne è una prova – esemplifica Recalcati – nel campo della politica, ad esempio in campagna elettorale. Diversamente la Torah vuole insegnare a stringere questo nesso tra la parola e le conseguenze».
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A questo punto Recalcati è passato ad analizzare l’altro termine: la legge. «Il nostro pensiero ha perso il senso della legge – ha proseguito – S’interpreta la legge come un insieme di regole, si punta all’aspetto pragmatico della legge. Ma la legge non è la regola. Noi moltiplichiamo le regole perché abbiamo perso il senso della legge. Occorre riappropriarsi del senso della legge». Obbligatorio il passaggio al termine educazione che nella cultura corrente significa sottoporre la vita del ragazzo alle regole. Ma non dovrebbe essere così. «Sarebbe importante educare la vita di un figlio sottoponendola al senso della legge – ha precisato – C’è educazione quando la legge che non è la regola si iscrive nel cuore del figlio. C’è educazione quando riusciamo a far iscrivere il senso della legge nella carne del cuore».
Spazio poi al termine limite, fondamentale in campo educativo. Ha chiarito che il “senso dell’impossibile”, del “non godere di tutto”, del “non volere tutto” è importante nella crescita. «Il tutto è la follia dell’uomo, mentre la vita diventa umana se fa esperienza del non tutto». Ecco snocciolare due esempi tratti dalla cronaca: l’adolescente che uccide un’anziana per il suo dominio di onnipotenza o il ragazzo che uccide un coetaneo perché lui è in grado di sorridere.
Da questa considerazione del limite, nasce anche il desiderio. «Il desiderio nasce dal non tutto. Il nostro tempo non fa esperienza del non tutto e quindi del desiderio. Il desiderio umano è attratto da quello che è proibito. L’esempio più incalzante è Ulisse, spinto dal desiderio di scoprire, di andare oltre, di varcare i limiti».
Dal ragazzo che uccide il coetaneo perché lui sorride ed è felice, Recalcati trae un’altra considerazione. «Una delle passioni di oggi è quella dell’odio invidioso – ha spiegato – E l’oggetto dell’invidia è la vita dell’altro, che è più viva della nostra, la vita che è felice. Non sopportiamo la felicità dell’altro».
Da non dimenticare l’importanza della parola per il confronto. «La guerra nasce dall’assenza della parola, dal fallimento della parola». E per concludere, l’ultima scena: «Si diventa umani accettando la legge del non tutto e quello della luce. Nella Bibbia c’è un esempio che fa ben capire la sfida a Dio. E’ l’episodio dei babelici che hanno costruito una torre per competere con Dio. Loro volevano diffondere una sola lingua: questo è il miraggio di tutti i totalitarismi. Il Dio ebraico invece moltiplica le lingue, fa capire l’importanza di imparare l’alfabeto dell’altro. Questo significa democrazia che sussiste quando c’è il lutto dell’unica lingua».