Ieri... oggi, è già domani | 01 gennaio 2024, 02:00

"genòi, mesi dàa Gioeubia e dàa merla" - gennaio, mese della Gioeubia e della "merla"

Si comincia con gli auguri a tutto spiano.

"genòi, mesi dàa Gioeubia e dàa merla" - gennaio, mese della Gioeubia e della "merla"

Una vecchia filastrocca così cominciava "Gennaio mette ai monti la parrucca" poi continuava con "febbraio, tutti i piccoli imbacucca" ma è presto per elencare tutti i mesi dell'anno. Dunque, Gennaio, mese dei propositi e delle promesse. Le prospettive si analizzeranno, cammin facendo.

Si comincia con gli auguri a tutto spiano. Anche noi, li facciamo ai nostri Lettori, auspicando per tutti, sorrisi e sguardi teneri. Ci pensa la vita a prepararci le prove da affrontare e proprio su ciò è bene essere pronti, senza allarmismi. Giusepèn comincia col dire "sun chi'n camò" (sono qui tuttora) e snocciola subito un vecchio detto: "mèi sta chi malamenti che'n da là pulidu" (meglio stare vivi in qualche modo, piuttosto di passare a miglior vita, tutto a posto) - è una traduzione che lascia spazio a tante considerazioni, ma serve a dire che "la vita è bella, è preziosa" e va tutelata …. a ogni costo!

Passata l'Epifania "che tuci i festi l'à porta via" (che tutte le feste si porta via), si va subito a pensare alla Gioeubia (attenzione ai falsi nomi affibbiati all'autentica Gioeubia di Busto - sic) che si celebra l'ultimo giovedì di gennaio. Ha, la Gioeubia un "valore storico" importante: "brucia" l'inverno e si porta via ogni sorta di malanno e di malanimo, ma pure il "carro" delle cose brutte accadute l'anno precedente.

La Gioeubia è quel fantoccio costruito coi "rimasugli" delle cose inservibili e da buttare e diventa Protagonista sul falò che si manifesta sulla pubblica piazza - non parlo dei moderni falò che hanno qualcosa di misterioso, dentro. Gioeubia è la "vecchina" dedicata a un problema particolare, ma è pure il ritratto delle negatività che hanno colpito il vivere civile. Ci sono anche gli uomini nei "fantocci", comprese le scenette che rappresentano, ma tutto è considerato Gioeubia senza bisogno di scindere il genere: femmina o maschio è tutto Gioeubia.

La "mia Gioeubia" vissuta da ragazzo, cominciava col dopo-Natale. Si andava per le campagna a divellere stoppie e a raccogliere rami caduti o tronchi di albero non portati via e si accatastava tutto nel portico, in attesa dell'ultimo giovedì di gennaio - intanto, si chiedeva in casa di avere vecchi abiti, sdruciti, inservibili che venivano riempiti di stracci, ma pure di erba-secca e talvolta anche del fieno, raccolto nella stalla. Il fatidico giovedì sera (sempre dopo cena, mai in altri orari) si passava ad accendere il "palco" con tutto il raccolto accatastato, sopra il quale si metteva il fantoccio.

Di solito, sotto il cappello o sotto un foulard, c'era una pezza bianca con tanto di rossetto che mostrava una parvenza di donna (di disegnatori, non ne avevamo) e tutti insieme si dislocava il fantoccio ad almeno uno-due metri dal terreno. Poi, si accendeva il rogo. Si aspettava che le fiamme prendessero "vigore" e si cominciava a intonare (almeno trenta persone) la fatidica "a Gioeubia" (ripetuto due volte) "l'a mangia a cazoela, la mangia a pulenta, a Gioeubia l'è cuntente; l'è cuntenta in ginugiòn cunt'i man in urazion" con traduzione "la Gioeubia (non traducetela per favore Giubiana o Giobia che a Busto Arsizio non esiste), mangia il bottaggio, mangia la polenta, la Gioeubia è contenta … è contenta in ginocchio con le mani in orazione).

Oltre al sapore casereccio della Gioeubia, c'è il pasto frugale della "cazoela" e della polenta, ma c'è pure dentro la "festa pagana" la Gioeubia in ginocchio in segno di preghiera, con le mani giunte, mentre prega per "bruciare" i guai e tutto quanto di negativo si è manifestato durante l'anno passato. Non solo: la Gioeubia "bruciava l'inverno" per dire che da lì in poi (dal giorno successivo) anche l'inverno doveva acclimatarsi e portare il tepore della primavera.

La Festa non era finita qui: i giovani di allora, dovevano mostrare il coraggio di passare tra le fiamme, anche disubbidendo agli adulti che davano parere negativo. Le scottature e pure le bruciature, si analizzavano il giorno dopo, ma il rito era onorato e sicuramente …. sarà un anno buono. Giusepèn annuisce. Sa che anche lui passava tra le "forche caudine" rappresentate dalle fiamme. Poi, candidamente ammonisce …. "di dì dàa merla, an parlàm un'oltra oelta" (dei giorni della merla ne parliamo un'altra volta). Maria è pronta col Nocino! Buon Anno a chi legge!

 

Gianluigi Marcora

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