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Opinioni | 05 giugno 2023, 07:30

L'OPINIONE. La strada come i social è migliore se passiamo dal «voi» al «noi». Perché siamo tutti responsabili (e pure fragili)

Dall'irritazione quando qualcuno ci prende quello che consideriamo il nostro spazio alla consapevolezza che sta a noi cambiare le cose, in ogni ruolo: grazie al Gsc Borsano che ha pedalato anche per consegnarci il messaggio

foto per cortesia del Comune di Busto

foto per cortesia del Comune di Busto

Confessione preliminare: la sera della presentazione dell’impresa sanremese a firma del Gsc Borsano - LEGGI QUI e QUI-  stavo camminando sul marciapiedi a pochi passi dal portone del municipio di Bust Arsizio. Un uomo in bicicletta lo percorre in senso contrario al mio e mi borbotta di stare sulla destra: ciò mi fa sentire un po’ stizzita. Avverto ancora l’eco di qualche giorno prima, quando sono dovuta scendere dal marciapiedi per lasciare il posto a un monopattino.

Quando incontro invece i ciclisti del gruppo borsanese, i miei occhi rileggono lo slogan della Fondazione Scarponi che verrà portato negli occhi e nel cuore nei giorni scorsi: «La strada è di tutti a partire dal più fragile». Sui social, ha scatenato una serie di commenti contrapposti. D’altro canto, se c’è un luogo che molto assomiglia a bacheche e dintorni, è la strada dove si osserva con puntualità e con reazioni di più facile aggressività il comportamento altrui.

La parola più pericolosa, in entrambe le cornici, è «voi». Da una parte evoca la contrapposizione: a a sbagliare è sempre l’altro. Dall’altra, “moltiplica” e intrappola in una categoria. 

E voi non andate in fila indiana in bici. E voi non rispettate i semafori. E voi…

Risuonano così le accuse da parte di diversi automobilisti. Ai quali è altrettanto spontaneo replicare da parte dei ciclisti

Voi non rispettate le distanze, voi non guardate quando svoltate…

Del resto, quando l’uomo in bici mi rimprovera di non stare sulla destra, in un marciapiedi oltretutto dove possono camminare giusto due persone a fianco, mi era già scattato il “voi”.

Poi, quando sono entrata e ho ascoltato gli intrepidi sportivi borsanesi, mi sono ricordata di una cosa: che io, in bicicletta, non ci vado più da un pezzo, ovvero da quando mi sono messa al volante, perché pedalare in città mi incute una certa paura. Perché non mi sento sicura, vedendo il massiccio traffico veicolare,  perché ne ho sentite – e scritte – tante.

In quel momento ho ragionato da "noi". Ciclisti fedeli, saltuari e mancati, perché le piste stanno crescendo, va bene, ma è una lotta in una città di queste dimensioni. E quando la pista ciclabile finisce che fai, sali sul marciapiedi? Eh, lì il fragile è il pedone.

Tutti siamo automobilisti o pedoni in fasi diverse della giornata. Ciclisti, un po' meno. C’è poi una categoria di fragili della quale non sembra importare un granché a molti: sono le persone in carrozzina, scarso lo spazio sicuro su cui possono contare e ne sono un esempio quegli scivoli sui marciapiedi di fronte alle quali troppe auto pensano di potersi piazzare impunemente. Infine, non vogliamo dimenticarci degli animali: dai gatti agli esemplari selvatici che sempre più si aggirano nel territorio che è nostro, dunque anche loro. Se si rispettasse una delle regole base, il limite di velocità, ad esempio, potrebbe ugualmente scapparci l’incidente, ma la gravità per umani e animali cambierebbe.

Basterebbe poco, basterebbe un “noi” in più. Basterebbe in auto ricordarsi quanto ci siamo spaventati quel giorno che camminavamo sulle strisce pedonali e una macchina altro che fermarsi, ha pure accelerato come se fosse schizzata fuori da un film di Tarantino. Magari era solo distratto il conducente – come accade a noi umani -, magari smanettava al cellulare.

Tutti possiamo essere fragili, in qualsiasi momento e circostanza. Tutti possiamo aiutarci, con quella semplice parola, “noi”. Dall'irritazione quando qualcuno ci prende quello che consideriamo il nostro spazio alla consapevolezza che sta a noi cambiare le cose, in ogni ruolo.

Grazie a quella squadra compatta di 35 persone di diverse età che per 300 chilometri ha pedalato da Busto Arsizio a Sanremo per celebrare la bellezza dello sport e di stare insieme, ma anche l’importanza di ricordarci l’immenso “noi” che siamo e gli “altri” che possiamo rapidamente diventare.

Marilena Lualdi

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