Guai a mantecare il riso in cagnone, si verrebbe immediatamente espulsi con sommo disdoro dall’omonima confraternita. La ricetta è sacra, ed ha il suo tempio nella Trattoria Maran di via Ettore Ponti a Varese, con il titolare e chef Francesco Campi anche presidente della nobile Confraternita del Ris in Cagnun cul Persic (tutto rigorosamente maiuscolo) che questa mattina ha inaugurato il primo Convivio nazionale, invitando nel parco di Palazzo Estense ben 14 altre “sorelle”, sotto il cappello della Fice, la Federazione italiana circoli enogastronomici rappresentata dal presidente, l’ingegner Marco Porzio.
Dalla nocciola di Piemonte al gorzonzola di Cameri, dai bruscitt bustocchi alla costina di Coarezza, l’Italia è tutta un piatto tipico, e le confraternite vogliono tutelarne l’origine e mantenerne la tradizione, quindi ecco i convivi, ritrovi dove ci si confronta e si assaggiano le specialità regionali.
«Oggi ci presentiamo in società», dice Francesco Campi, «siamo nati soltanto un anno fa (LEGGI QUI), abbiamo 29 soci, alcuni già membri della delegazione varesina dell’Accademia italiana della cucina, ma vogliamo crescere, e questo primo convivio organizzato da noi serve per conoscere le altre realtà e confrontarsi con loro». Scopo primario della Confraternita è tutelare un piatto, il riso in cagnone.
«Il mio ristorante è nato nel 1899, e il riso in cagnone è sempre stato nella lista. Il riso, rigorosamente Carnaroli, una volta bollito si “sgrana”, con i chicchi che somigliano a un cagnotto, l’esca per i pesci, da cui il nome “in cagnun”. Non va mantecato, ma condito con burro fuso e formaggio, e poi nobilitato “cul persic”. In futuro non è detto che la confraternita non tuteli altri piatti locali, anche se quelli soliti, come la trippa o la cassoeula, sono di derivazione milanese. A Busto Arsizio, per esempio, opera la Confraternita dei Bruscitt».
A dare una mano nella fondazione della Confraternita varesina c’era anche Claudio Borroni, socio dell’Accademia della cucina italiana: «La delegazione di Varese compie 70 anni, nel mondo ce ne sono più di 300. Difendiamo le tradizioni enogastronomiche e una volta al mese organizziamo un raduno conviviale. Gli ultimi li abbiamo tenuti a Cantello per gli asparagi e al Crotto del Sorriso di Cassano Valcuvia. Di solito c’è un tema preciso, spesso si parla del pesce di lago e magari del persico in particolare. Un’idea sarebbe quella di fondare qui a Varese una Confraternita dell’Asparago, che ancora manca».
Tra i soci fondatori della Confraternita del Ris in Cagnun c’è anche il dottor Angelo Carabelli, dermatologo e da oltre 40 anni animatore della Stagione musicale di Villa Cagnola a Gazzada. Sul cordone giallo che orna il mantello arancione dei “confratelli” spiccano le medaglie di altre associazioni: «Ognuna ha la sua e quando si organizzano i convivi ce le scambiamo», spiega, mentre disserta con un altro ammantellato sulle caratteristiche della Costina di Coarezza, prelibatezza della zona di Somma Lombardo.
Prima di assistere all’intronizzazione dei nuovi iscritti – tra cui il sindaco Galimberti, che stando al lapsus del segretario della confraternita doveva essere “intronato”- c’è tempo per due parole con il presidente della Federazione italiana circoli enogastronomici, il novarese Marco Porzio.
«Sono al mio terzo mandato, da sette anni e mezzo presiedo la federazione, la cui sede è a Verona. Siamo tutti volontari e abbiamo a cura il territorio e le sue tradizioni culinarie, con il cibo che è il testimone primario dei cambiamenti di una società. Per esempio a Cameri tuteliamo il gorgonzola, in questo paese del novarese si produce infatti circa il 60 per cento di questo formaggio. Alla Federazione sono iscritte 150 confraternite di tutta Italia, mancano solo tre regioni, Molise, Basilicata e Valle d’Aosta. Lo zoccolo duro è rappresentato dal Piemonte, poi vengono Veneto e Lombardia, ma c’è molto fermento anche al sud, in particolare in Calabria, dove siamo stati lo scorso anno. Abbiamo un portale su internet e pubblichiamo una rivista bimestrale online, e i piatti che tuteliamo sono quasi tutti della cucina povera, e composti da semplici ingredienti».
Il sindaco Galimberti, dopo aver espresso il suo plauso per lo sforzo della Confraternita di difendere la cultura che c’è dietro i piatti della tradizione locale, ha letto la formula per la sua intronizzazione, “benedetta” dal colpo di schiumarola del presidente Francesco Campi, dopo il giuramento di non mantecare mai il riso in cagnone. Che non è un risotto, ma deve essere bollito e scolato, poi mischiato con burro fuso, salvia e un po’ di parmigiano, “letto” ideale per adagiare i filetti di “pess persic” impanati e fritti.