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Economia | 08 maggio 2023, 07:00

La storia dell'azienda di "Campione d'Italia"

Non tutti sanno che l’Italia ha un suo exclave in Svizzera. Stiamo parlando della cittadina meglio conosciuta come Campione d’Italia, nei pressi di Como per intenderci.

La storia dell'azienda di "Campione d'Italia"

Non tutti sanno che l’Italia ha un suo exclave in Svizzera. Stiamo parlando della cittadina meglio conosciuta come Campione d’Italia, nei pressi di Como per intenderci. Essa, oltre ad essere famosa per alcuni splendidi monumenti storici come il Santuario di Santa Maria dei Ghirli, visitabile anche tramite alcuni tour organizzati sul Lago di Ceresio, è soprattutto nota per la presenza di uno dei 5 Casinò terrestri italiani, 4 se si considerano Ca’ Vendramin e Ca’ Noghera facenti parte del medesimo casinò, ossia quello di Venezia. Una storia molto particolare quella della sala Campione d’Italia, specialmente perché travagliata da numerosi fallimenti e diverse riaperture, senza mai avere troppa stabilità nel tempo. 

 

L’ultima nel 2018, una circostanza che ha messo davanti ai visitatori del casinò due strade diverse: andare in un’altra sala del nord o rivolgersi ad alcuni operatori online, che già all’epoca si stavano facendo strada nel settore del gioco. In molti hanno optato per questa seconda opzione a causa sia della possibilità di giocare senza doversi mettere in viaggio, sia per la chance di utilizzare alcuni specifici incentivi messi a disposizione da questi portali come un bonus senza deposito immediato, riservato a vecchi e nuovi utenti. Ma, per fortuna, il lieto fine sembra arrivato per l’azienda Campione d’Italia, di cui è interessante, sicuramente, andare a ripercorrere la storia somigliante ad una continua montagna russa.

 

Dalla fondazione alla prima chiusura

Il casinò Campione d’Italia nasce nel secondo decennio del Novecento, di preciso nel 1917 e fu fortemente voluto dal Regno d’Italia per motivi prettamente militari e non turistici, come si potrebbe erroneamente pensare. Esso, infatti, sorge in una zona che durante la Guerra era utile proprio per ragioni legate allo spionaggio, dispensando, nella Svizzera neutrale, vincite in denaro e informazioni segrete. Esso fu messo in piedi grazie al progetto elaborato da Americo Marrazzi, architetto svizzero che disegnò un palazzo in puro stile Belle Epoque corredato di due ingressi: uno di terra e uno verso il lago di Lugano, in modo da poter permettere l’ingresso a chi arrivasse via mare. Gli arredi sfarzosi, i soffitti affrescati e le ampie sale interne completavano quella che all’epoca era considerata una vera e propria opera d’arte. Che il fine fosse prettamente militare lo si capì molto presto, dato che con la fine del conflitto, Campione d’Italia venne chiuso una prima volta nel 1919.

 

La ripartenza del 1933 e la seconda chiusura

Nel 1933, il Casinò Campione d’Italia, dopo una breve ristrutturazione, riaprì i battenti per volere di un altro capo militare: Benito Mussolini. Egli, infatti, voleva ripetere l’esperimento riuscito nella Prima Guerra Mondiale, ossia usare i locali della sala da gioco per raccogliere vincite utili e raccogliere informazioni utili da un punto di vista bellico. Ma, stavolta, il progetto fallì, in quanto il casinò venne chiuso ben prima del secondo conflitto mondiale, a causa dei tentativi di fuga dei dissidenti in Svizzera, che usavano il gioco semplicemente come scusa per scappare dall’Italia dominata dai fascisti. Siamo nel 1936.

 

La grande riapertura del 1946

Solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il casinò italo-svizzero rivide le sue sale riempirsi di giocatori. In questo caso, però, il fine della riapertura era prettamente ludico e turistico, anche se inizialmente essa trovò l’opposizione dei cittadini svizzeri, che non volevano lasciare il passaggio libero agli italiani provenienti soprattutto dalla Lombardia, limitando l’accesso all’exclave ad alcune ore durante il giorno. Ma la cosa durò poco e il libero accesso venne consentito pochi anni più avanti, specialmente dopo la costruzione dell’autostrada che collegava Campione d’Italia a Milano. 

 

Gli incassi erano ottimali, dato che c’era anche chi lasciava centinaia di milioni di lire sul tavolo in una sera, e nel 2007 si decise che era arrivato il momento di ampliare la struttura, corredandola di un palazzo di 55mila metri quadrati di estensione e ben 500 dipendenti. Costo dell’operazione: 120 milioni di euro e conseguente crisi negli anni successivi, tanto che nel 2018 venne dichiarato il fallimento della struttura per gli eccessivi debiti. Il tutto fino a poco più di un anno fa, quando nel gennaio 2022 è stato avviato il nuovo corso della sala, che ha fatto registrare ottimi incassi in un anno: 42 milioni di euro, ossia un 12% in più rispetto all’obiettivo inizialmente concordato.

 

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