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Sport | 26 aprile 2023, 15:26

Si chiamava Wladimiro. Per tutti fu Miro, il ciclista

Documentario di Filippo D’Angelo: molto prima di Ivan Basso, Panizza infiammò il territorio tra Fagnano, Cassano e Busto Arsizio. Carattere spigoloso, calamita d’affetto, tante partecipazioni al Giro e un secondo posto, battuto solo da Hinault. Se ne è andato a 57 anni, nel 2002. Il regista: «Adoro i gregari, lo sono anche io. Ma Panizza è oltre». “Piccolo grande uomo”: 32 minuti di bellezza e ricordo

Dall'archivio Lanzafame (sulla destra, Panizza è sulla sinistra)

Dall'archivio Lanzafame (sulla destra, Panizza è sulla sinistra)

Il suo nome è di quelli che escono dai genitori e dalla storia, ma anche da fantasie come quella di Giovanni Guareschi. Peppone, Gino Cervi, porta il figlio a battezzare. E come lo chiamiamo?  La domanda è di Fernandel, don Camillo, cui scappa un tenero sorriso sul piccolo. «Libero Antonio Lenin». Risposta spiazzante. Conflitto. Alla fine, il bambino viene battezzato “Libero Antonio Camillo Lenin”. Anche Panizza, quel Panizza, fu Wladimiro, non a caso. Ma divenne, con naturalezza, Miro.

Filippo D’Angelo, talentuoso videomaker, formalmente dilettante, ha realizzato un documentario, un collage d'interviste dedicato a Miro. Al ciclista professionista, al talento smagliante, al carattere forte, al vincitore mancato. All’uomo. A cuore, gambe, polmoni e… bici. CLICCA QUI. Inorgoglì Fagnano Olona, luogo di nascita, Cassano Magnago, che lo accolse, Busto Arsizio (militò nella “Tre ponti”). Occhi lucidi per tanti. Perché “…quello è uno dei nostri”.

D’Angelo ha intervistato il figlio, Massimiliano. E tanti altri: il cronista Davide De Zan (attraverso di lui, il padre Adriano), il giornalista Ottavio Tognola (una vita a raccontare lo sport), Alfredo Chinetti ( «…la bicicletta era divertimento puro»), Arcangelo Bonollo («…15 mesi insieme, il periodo più bello, pedalavamo tutti i giorni…»). E poi Mario Lanzafame, esperienze e aneddoti a non finire, fortissimo sulle due ruote, un volto che farebbe la felicità di tanti registi:  chiacchiere al caminetto. Fra le altre: «Panizza, per me, era il Papa. Battei Moser, quando lui era già un nome. Panizza mi venne a cercare e disse – al netto del dialetto - hei, vieni qui!».

«Tutto – ripercorre Filippo D’Angelo – nasce da un precedente documentario sui ciclisti fagnanesi. Mi sono reso conto che di Panizza avrei potuto raccontare di più. Quindi ho ripreso quello che avevo già raccolto e ho aggiunto, aggiunto, aggiunto…». D’Angelo non è un cultore del ciclismo. Lo conosce, lo segue, senza fanatismi. «Però – precisa – mi piacciono i gregari. Non solo nello sport. Panizza è stato gregario e molto altro. Fatto sta: la sua è una bella figura. E mi sono accorto che, tornando su di lui, si racconta una certa Italia. Quella che, anche se di origini umili, poteva crescere, poteva vincere. Panizza non ha trovato la consacrazione formale, quella che gli sarebbe arrivata dalla conquista della Corsa rosa. Ma si è creato un nome, pedalata dopo pedalata».

Il documentario su Miro viene pubblicato su Youtube a poca distanza dall’arrivo nella “sua” Cassano Magnago, del Giro d’Italia, il 20 maggio: «Quando, all’Auditorio, hanno presentato la tappa, sono stato orgoglioso. Hanno proiettato una pillola del mio “Miro Panizza – Piccolo grande uomo”.  Anche se, secondo “Jena Favero”, Miro non è stato piccolo, è stato un grande ciclista e basta. Anch’io sono un gregario. Ero felice. Ma lo ammetto, non mi dispiacerebbe una proiezione pubblica».

Chicca: colonna sonora bellissima. Incipit e chiusura con musica e voce dello stesso D’Angelo, supporto del polistrumentista Luca Magnoli. Testo? «Correrai/lungo strade piene/di gente/che ti vuole bene…»

Stefano Tosi

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