Stefano Lani, Sonia Mara e Stefano Pavesi (foto in fondo) qualche imprevisto lo avevano messo in conto. Se parti dall’Italia alla volta di un Paese come il Malawi, devi aspettarti degli intoppi. Magari anche dei rischi. Di sicuro, però, non prevedevano di misurarsi con le conseguenze del ciclone Freddy, un fenomeno che ha causato (fonte Rai) 400 morti e 200mila sfollati. Perché i tre si trovano nello Stato dell’Africa orientale? «Per portare avanti i progetti di “Tracce nel mondo”, onlus con circa 150 soci e sede legale a Busto Arsizio. In Malawi abbiamo costruito una scuola materna e, di anno in anno, torniamo sul posto per migliorare la struttura».
Rassicurazione: «Stiamo bene. La zona che abbiamo raggiunto non è stata colpita come il sud del Paese. Ma abbiamo assistito a qualcosa di impressionante» (vedi QUI). Freddy è stato soprannominato “ciclone dei record”, per persistenza, imprevedibilità dei percorsi, energia sprigionata. «Abbiamo parlato con un medico di Msf – fa presente Sonia – dice che la situazione si sta attenuando. Ma c’è una preoccupazione: qui c’è il colera, la Ong è qui proprio per questo. Non si sa quali possano essere le conseguenze delle alluvioni sull’epidemia».
«Sono piastrellista – fra presente Lani, presidente dell’associazione – un’attività che mi ha dato l’esperienza per mettermi anche concretamente al lavoro, qui. Ho scoperto prima il Burundi, al Malawi sono arrivato in seguito. Oltre a occuparci della struttura, paghiamo insegnanti e direttore, confrontandoci con una mentalità diversa dalla nostra. Che ogni tanto fa arrabbiare, ma andiamo avanti».
Il varesino Stefano Pavesi, prima trasferta in un'Africa tutt'altro che turistica, riflette: «Mi interessava capire come fosse la vita in un contesto del genere. La mia idea di vacanza è un po’ diversa rispetto allo stare sdraiato per una settimana a prendere il sole. Volevo venire e lavorare. Devo dire che mi aspettavo qualcosa di diverso, per esempio nel rapporto con la natura, nella cura dell’ambiente, che speravo migliore. Allo stesso tempo, ho riscontrato un grande pragmatismo nell’affrontare le difficoltà: gli abitanti del posto non si sono fatti tanti problemi nell’abbattere un ponte per fare passare l’acqua in eccesso. Anche se era un collegamento importante».
Una concretezza unita a un certo fatalismo: «Nel momento peggiore, noi eravamo terrorizzati dall’attraversamento di una strada. La popolazione locale sembrava tranquilla. C’era chi rideva e scherzava. Evidentemente qui la gente fa così tanta fatica per vivere che cambia il rapporto con il pericolo e con la morte» (VIDEO).
Il peggio sembra alle spalle, almeno per quanto riguarda le alluvioni. Sonia, che ha un negozio di parrucchiera a Busto, le ha documentate con foto e video diramate, via Whatsapp, alle clienti. E adesso? «Adesso si rientra in Italia e si guarda al futuro. Con un po’ di preoccupazione: abbiamo visto le persone immerse fino alla vita, le campagne erano sotto a un metro d’acqua. Non sappiamo se le coltivazioni resisteranno». Ma ci sono anche nuovi progetti, novità positive: «Il nostro intento è continuare ad aiutare chi è in difficoltà. E a ottobre inseriremo nella nostra scuola due ragazzi con disabilità, ne siamo felici. In Italia, invece, fra i nostri progetti c'è la pet therapy con bambini autistici, iniziato a marzo». Azioni che lasciano tracce. Tracce nel mondo, appunto.