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Valle Olona | 04 dicembre 2022, 09:29

In carcere serve dignità

Ieri nella sala consiliare di Marnate si è tenuto un dibattito dal titolo “Chi è senza peccato”. «Il carcere è diventato privazione delle relazioni più care. Occorre intervenire prima che il soggetto finisca in carcere con una formazione adeguata. Il diritto all’educazione non è riconosciuto. Per troppi»

In carcere serve dignità

C’erano esponenti del mondo religioso, giuridico, culturale. Tutti all’unanimità concordi nel dire che in carcere serve dignità, che è assurdo concedere il telefono per dieci minuti alla settimana, che dopo il Covid con l’allontanamento dei volontari si è raggiunto l’apice della solitudine, che in un Paese evoluto non è dignitoso far vivere in questo modo e, non ultimo, che bisogna intervenire prima con un’adeguata educazione. Così don David Riboldi, cappellano della casa circondariale di Busto Arsizio, don Stefano Guidi direttore Fom, Paolo Maltese, avvocato e presidente Rotary, Fabrizio Capaccioli, vicepresidente Gbc Italia, Stefano Sgarella, regista erano tutti concordi: in carcere serve più dignità. E “Chi è senza peccato” lo hanno “gridato” ieri seduti attorno al tavolo della sala consiliare di Marnate nel corso di un incontro intitolato appunto “Chi è senza peccato”, anche in diretta streaming, organizzato da Rotary Club Passport Innovation District 2110, La Valle di Ezechiele, il Gruppo presepi Marnate e l’amministrazione comunale, moderato dalla giornalista Veronica Deriu.

Il primo a parlare di tratti di disumanità in carcere è stato don David Riboldi: «Si sa che il carcere è una privazione di libertà – ha detto – ma è diventato privazione delle relazioni più care. Dobbiamo investire nel tessuto relazionale. Un plauso all’attività con “La valle di Ezechiele” per la realizzazione di cesti di Natale: una bella iniziativa finalizzata al reinserimento sociale».

Gli ha fatto eco Sgarella, regista di “Exit”, il dopo-film sulle carceri. Ha spiegato il motivo di questa produzione cinematografica: «Tutto è nato nel 2016 dopo un incontro con i volontari del reparto “La nave di San Vittore” nell’omonimo carcere. Per due anni ho documentato la vita in carcere. È stato un impatto emotivo molto forte. Ne è nato “Exit”, un dopo-film diviso in una parte fiction e l’altra documentaristica dove si raccontano le attività culturali all’interno del carcere di San Vittore. Credo che dopo la pandemia che ha comportato l’allontanamento dei volontari dal carcere, la ripresa sia molto lenta. Si è arrivati alla solitudine vera».

Di inclusione ha parlato il presidente Rotary Paolo Maltese.  «Il Rotary è molto attivo nell’ambito dell’inclusione sociale declinata a 360 gradi – ha detto – L’associazione interviene soprattutto nella fase successiva una volta scontata la pena per aiutare il detenuto nell’inserimento in ambito sociale. Dobbiamo passare dalle cooperative al privato: è in questo passaggio che s’inserisce l’attività del Rotary».

Anche Capaccioli ha insistito sulla mancanza di dignità: «Non è dignitoso per un paese industrializzato ed evoluto riservare un simile trattamento agli esseri umani».

Ha invece voluto parlare di educazione il direttore Fom don Stefano Guidi. «C’è un modo di trattare questi discorsi che rischia di confondere il diritto con la beneficenza – ha precisato – La società dovrebbe sensibilizzarsi e quindi fare beneficenza. Ma innanzitutto dovremo chiederci che cosa manca. Se uno arriva in carcare è perché prima la vita non era dignitosa, mancava una famiglia, è vissuto in un contesto in cui è venuto meno il diritto all’educazione: basti pensare all’aumento della dispersione scolastica. Occorre una società adulta che affronti questi problemi. Da educatori occorre intervenire prima: nelle scuole, negli oratori, nel mondo sportivo, nella società insomma. La corsa alla beneficenza arriva troppo tardi».

Laura Vignati

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