Al cinema teatro “Fratello Sole”, una serata dedicata alla scoperta dei ragazzi, ma soprattutto al ruolo che ha il genitore nell’accompagnare il proprio figlio nel percorso di crescita personale. Tutto questo grazie alle parole del professor Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva, moderato dalla dottoressa Chiara Massazza, psicologa psicoterapeuta, direttrice didattica e docente della “Scuola di specializzazione in psicoterapia integrata e di comunità Spic Acof. Una serata firmata dalla parrocchia del Sacro Cuore, dall'Istituto Clinico San Carlo e dallo stesso teatro, a Busto Arsizio.
In apertura ha osservato l’assessore alle Politiche Educative Daniela Cinzia Cerana: «Queste sono le serate che trovano l’appoggio non solo mia ma di tutta l’amministrazione comunale. Questa serata è una di quelle importantissime, perché ci permettono di dare uno sguardo di cura agli adolescenti che in questo momento sono molto fragili e le famiglie hanno bisogno in qualche modo di essere supportate».
GUARDA IL VIDEO
Poi Sara Tosi, amministratrice delegata dell’Istituto Clinico San Carlo: «Penso che sia veramente importante per noi riuscire a volgere lo sguardo anche verso il bello. Per i nostri figli, per i nostri giovani ma anche per noi adulti che dobbiamo dare l’esempio».
GUARDA IL VIDEO
La serata si è aperta con un chiarimento sul concetto di sfida evolutiva ed educativa, perno dell'incontro: «Una sfida è qualcosa per cui ti prepari, ma non sai se sei completamente preparato: l’adolescenza è esattamente questo, un tempo in cui non puoi più stare nel copione dell’obbedienza. Questa è una cosa che fa soffrire moltissimo noi genitori, che vorremmo che i nostri figli continuassero con il copione del bambino della scuola primaria».
E sempre il professor Pellai: «Con l’ingresso nella pre adolescenza, che è poi lo tsunami, i genitori pensano “in casa è arrivato un mostro”. In realtà la sfida evolutiva è proprio quel tempo in cui ciascuno di noi ha lavorato per definire un’identità che poi ti porti avanti nell’adultità. In quel momento puoi metterti in gioco, sperimentare in alcune diverse versioni di sé, in cui l’obiettivo è diventare le persone che vogliono essere».
Passando poi al comportamento dei genitori: «La versione magari non sarà quella che noi vorremmo per loro. Bisogna riuscire a rimanere calmi e essere contenti del fatto che loro proveranno a fare il loro pezzo, non dobbiamo farlo noi. Forse la sfida più grande è rinunciare all’approccio ansiogeno, hanno bisogno di sicurezza. Se tu adulto sei un po’ fragile, mentre ti frantumi, si frantuma anche lui». Poi il passaggio su quello tsunami che è la pre adolescenza e su quella rabbia che hanno i ragazzi in quel periodo della loro crescita: «Noi dobbiamo riuscire a reggere quell’onda d’urto. Quando mio figlio più grande arrivava da me con questi attacchi frontali, io gli dicevo “anche quando sei arrabbiato io ti voglio bene” e questo lo destabilizzava. Il messaggio era “ha senso che tu sia molto arrabbiato con me, perché io sto facendo l’adulto”, bisogna mantenere la lente d’ingrandimento sul fatto che un figlio in quel momento ti vede come un nemico, ma tu sai che invece sei un amico».
Successivamente le riflessioni su quello che è la bellezza, su cosa provoca felicità nei ragazzi, analizzando anche le sostanze che vengono rilasciate dal nostro corpo: «l’ossitocina ci fa sentire appagati», infatti, l’ossitocina è l’ormone dell’amore. Spesso i ragazzi di oggi, compensano la carenza di questo con: «La dopamina» che dà felicità istantanea». Per poi riflettere sugli ideali dei ragazzi di oggi, come la tutela dell’ambiente o la parità di genere, l’identità di genere.
Ma anche sui bisogni dei ragazzi: «Nel weekend ero a una partita di mia figlia, ogni tanto mi guardava e io guardavo lei, sembrava volesse farmi capire “Non dirmi che io devo vincere la partita, ma che vale la pena che io sia sul campo"». Sui genitori di oggi: «Da una parte li inviterei a non avere paura di essere adulti. I figli hanno bisogno di vedere nell’adulto il riferimento che regge anche il conflitto, con cui sperimentano. Il secondo aspetto è che in noi spesso vedono il traguardo. Credo che i ragazzi non ci debbano vedere come degli esseri perfetti, i nostri figli hanno il bisogno di vedere i nostri momenti in cui ci è andata male e come ci siamo rialzati».
I dubbi e le riflessioni dei genitori
Alla fine, spazio alle domande e alle riflessioni dei genitori, qualcuno chiede: «Parlava di adulto risoluto, consapevole. Ma come ci si arriva?» e il dottor Pellai: «Dobbiamo prima capire cosa significa. L’obiettivo non è che io mi sento felice, ma che mi sento responsabile. Noi dobbiamo permettergli di vivere la loro crescita accompagnandoli». Poi la riflessione di una mamma che non riesce a far uscire sua figlia, allora qualche volta glielo impone: «E poi lei è tornata a casa contenta» ha detto. O di chi ha il problema opposto e nel lockdown ha trovato un “un porto sicuro” ma: «Ho capito che è giusto fargli uscire, che non posso sempre controllarli, che hanno bisogno di scoprirsi».
Ma anche una voce diversa, quella di un ragazzo di 19 anni, studente di infermieristica, Alessandro Colombo Sibilia: «Interessante capire cosa si prova a crescere un figlio, poter capire i vari punti di vista, i vari pensieri, potersi approcciare così tanto a quella che un giorno potrà essere la propria vita genitoriale».
GUARDA IL VIDEO
Il professor Pellai a serata conclusa trae questo bilancio: «Abbiamo capito cosa vuol dire sostenere la crescita e permettere agli adolescenti di diventare le persone che vogliono essere». Ragazzi oggi che spesso diventano reclusi, nel post lockdown, o si affidano alla realtà virtuale, possono essere aiutati dagli adulti, se questi sono «testimoni di una vita piena di bellezza e passione».
GUARDA IL VIDEO