Tantissimi giovani, la sala parrocchiale di viale Alfieri che traboccava di domande, quelle che sussurrano gli occhi guardando suor Marcella Catozza. Che presto tornerà ad Haiti e porterà con sé le scarpe, le calze donate per i piccoli alunni, ma anche l'affetto della sua Busto Arsizio.
Cercatori di speranza, era il titolo del video trasmesso per raccontare la storia della gente e della missione della religiosa bustocca. Che dopo il saluto e la preghiera del parroco di Sant'Edoardo, don Antonio Corvi, premette: «Non vi parlerò delle brutture di Haiti, ma di speranza».
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Prima di arrivare ad Haiti, suor Marcella ha vissuto l'esperienza e la testimonianza di posti difficili. In un Paese così tormentato, dove ogni porta verso il futuro sembra sistematicamente chiusa, la missionaria si affida prima di tutto a una domanda, traendo ispirazione da San Francesco: «Signore, cosa vuoi che io faccia?».
E allora «la realtà ti provoca a fare un passo - racconta ancora alla platea, molti giovani appunto, anche diverse famiglie - La casa accoglienza nasce per un bimbo abbandonato nella sala d'accoglienza». Lei porta il piccolo alla polizia, le dicono di lasciarlo in strada: perché soccorrere un altro orfano, meglio lasciarlo morire? Suor Marcella lo porta a casa con sé e poi altri bambini arriveranno. Come darà lavoro, a tante persone. Poi la scuola, il mondo della Kay che cresce.
Finché la situazione degenera, la violenza delle bande si moltiplica. L'assassinio di suor Luisa, che scuote tutti, profondamente. Suor Marcella torna in Italia e non può rientrare in autunno: potrà farlo solo il 4 dicembre. Ad Haiti le difficoltà, anche se sembra impossibile, crescono. Ma la speranza non muore.
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I ragazzi vogliono sapere della sua vita, di quel momento in cui suor Marcella vede la sua strada. È ad Assisi, quando scorge frati e suore francescane, vuole ascoltarli, saperne di più, suona ad ora tarda. È ancora prima, perché tanti sono i segni della sua vita, tante testimonianze a partire da mamma e papà.
Capita di arrabbiarsi, ad Haiti, come in Italia quando i bambini che potrebbero trovare qui la base per un futuro, vengono rimandati in patria. Ma c'è una pace profonda, che sente, perché si pone sempre quella domanda con una consapevolezza: Dio ha le risposte, Dio manda i segni.
«Mi commuove sempre, io non lavoro con i soldi delle Ong, ma vivo di quello che gente ci dà e non manca mai niente. Diventa un modo per educare alla carità» osserva. Accanto a lei c'è Stefano che ha cambiato la strada della sua vita, per recarsi ad Haiti, o meglio l'ha trovata: «Non pensavo di andare in una baraccopoli e scoprire là concretezza della preghiera».
Invece, è così. La rabbia di fronte alla sofferenza, sfuma. «Sì, sono in pace - dice suor Marcella - La felicità è il momento in cui il cuore incontra quello per cui è nato».