Haiti in balìa della violenza e della miseria, in un baratro «mai visto prima», anche se di dolore e violenza ne ha sempre conosciuti in abbondanza. Ma la Kay Pè Giuss – dove ci sono i bambini di suor Marcella Catozza – resiste nel portare la sua luce. Perché qui, nonostante tutto, c'è la speranza. E mentre in Italia ci lamentiamo della crisi energetica o dei prezzi, i bambini raccolgono l'acqua della pioggia e rassicurano la missionaria affermando che in qualche modo se la cavano a trovare qualcosa. I loro sorrisi, nel dirlo, scaldano il cuore fino a qua.
Un popolo che non è solo
«Il popolo della Kay Pè Giuss non è solo: ci siamo noi – ricorda la missionaria bustocca con la Fondazione Via Lattea - Bambini ed educatori sanno che in queste ore qualcuno sta chiedendo al buon Dio di proteggerli. Di pochi giorni fa la telefonata di Nickenson che è riuscito solo a dirmi “Pregate per noi” prima che la linea cadesse». Attualmente le condizioni pesantissime. Mancano acqua potabile e cibo, il colera avanza con 835 casi sospetti, 78 confermati e 36 decessi. Ma attenzione, questi sono i numeri ufficiali, registrati dalle Organizzazioni umanitarie e dal Ministero della sanità.
Chi entra nelle baracche? Chi conosce quella povera gente che sta male e muore in silenzio? Suor Marcella segue dall’Italia, con la sua fede e quella di tanti amici che – a differenza dei potenti del mondo – non dimenticano Haiti in balìa delle gang, ma dove la popolazione non vuole la forza armata dell’Onu, di cui ha già fatto triste esperienza. La religiosa, tornata in Italia per il mese di agosto, non ha potuto fare rientro a settembre e a ottobre è stata costretta ad attendere ancora: la Kay non è raggiungibile. «Ho dovuto accettare di non poter partire neanche questa volta e accompagno da qui il dramma di questo popolo» racconta.
Si è parlato di una missione militare coinvolgendo alcune nazioni: Stati Uniti e Messico sono stati i primi ad aderire, «ma Canada e Brasile stanno pensando di sostenere la presenza armata – spiega ancora - Pesa il rischio di veto di Cina e Russia che chiedono la revoca delle sanzioni contro la Russia sulla questione Ucraina per dare l’approvazione all’invio di truppe in Haiti. Tutto è collegato! Collegamenti invisibili che a noi comuni mortali sembrano solo essere cose da serie televisive e che invece esistono e muovono i fili della storia».
La luce nel fortino
Aspettando le decisioni dei grandi, la violenza continua. In tanti ci hanno chiesto cosa fare, quando si è saputo della mancanza di cibo che colpisce anche la Kay perché tutto è bloccato. La risposta non è “nulla”, bensì “pregare”.
«I sorrisi dei nostri bambini allargano il cuore e la loro semplicità nel passare attraverso le grandi prove che la vita chiede loro ci lascia in silenzio. Sì, in silenzio, perché in un’Italia dove tutti hanno qualcosa di cui lamentarsi, colpisce vedere adulti e piccini affrontare caos, violenza e privazioni con il sorriso sulle labbra – dice suor Marcella - La strada che entra nella baraccopoli di Waf Jeremie è oramai bloccata da cinque settimane: nessuno può entrare, nessuno può uscire... con delle grosse ruspe prese chissà dove, sono stati scavati grossi buchi nel terreno, ricordo dei fossati intorno ai castelli medioevali, strade distrutte che saranno forse ricostruite in anni».
Ecco perché per due settimane gli educatori sono rimasti bloccati in quel fortino, senza poter comunicare. Niente diesel e benzina, niente telefono, niente internet. C’è però un’immagine che suor Marcella ci consegna: «La Kay è quindi chiusa in questo fortino, isolata, un’isola felice in un mare di violenza. Le scuole della zona sono chiuse ma le suore brasiliane, nostre vicine, hanno deciso di aprire almeno mezza giornata e visto che avevamo iscritti i nostri bambini lì proprio per evitare uscite quotidiane in strade pericolose, i nostri piccoli possono almeno svolgere qualche attività che sa di normalità».
Oltre al cibo, manca l’acqua, da ben tre settimane. Eppure suor Marcella riceve una telefonata da Rubens, che parla con voce allegra: «Non ti preoccupare raccogliamo l’acqua della pioggia e beviamo e abbiamo la pancia piena perché gli educatori trovano sempre qualcosa da darci!». Qualcosa si è riuscito a comprare pur con i prezzi triplicati, il guaio è però portare il cibo nella casa, chiedere il permesso per passare e sfuggire agli sguardi disperati che potrebbero condurre a un assalto.
La fame tormenta tutti.
E si festeggiano ancora i compleanni. Solo, non ci sono i buoni dolci e le bibite; si riempie solo l’aria di colore con i palloncini e i cappellini In Italia si dibatte tanto sulla crisi energetica? Lì, «si cucina sulla legna raccolta chissà dove perché gas e carbone sono finiti… si salta la colazione e si dimezzano pranzo e cena ma il sorriso sul volto dei nostri bambini non manca». Suor Marcella, gli amici che con lei hanno costruito quest’isola di speranza, aspettano che torni la normalità. È un’attesa sofferta, anche perché non si riescono ad avere notizie dei piccoli che nel frattempo avevano lasciato la Kay.
Ma anche qui, la fede viene in auto: «Riprenderemo i contatti appena la situazione permetterà gli spostamenti. Sono comunque in zone meno violente e pericolose e quindi al sicuro».
Usa due parole, suor Marcella, per definire l’atteggiamento del popolo di Haiti: coraggio e semplicità. «Confidando nella certezza che esiste Qualcuno che prima o poi cambierà le cose ed anche Haiti ed i suoi figli potranno tornare vivere».
E c’è anche una piccola luce, in questa buio. I fratelli Casic - Shedlen, Shedlove e Rico – che non erano potuti arrivare in Italia per la vicenda tutta burocrazia e niente cuore, erano tornati nelle baracche, ma suor Marcella aveva avviato un progetto per affittare loro una casa dove poter vivere con gli zii e la nonna. «In questi giorni un’organizzazione di Milano mi ha contattato per dirmi che sosterranno le spese di affitto fino al 2025. Non c’è limite alla provvidenza del Buon Dio! Bisogna solo crederci! »