Che cosa significa oggi essere mamme adolescenti? Quali difficoltà incontrano le ragazze che scoprono di essere incinte in giovanissima età? Quali sono le reti sociali cui possono fare riferimento? Il Cav di Busto ha aderito al progetto "Percorsi Babymamme", realizzando un podcast in cinque puntate dedicato appunto alle storie di giovanissime mamme incontrate e aiutate dalle volontarie del Centro aiuto alla vita “Anna e Giovanni Rimoldi”.
Così il sodalizio, attivo in città da più di trent‘anni, non si è di certo tirato indietro dinanzi alla chance offerta dai “Percorsi baby-mamme, viaggio intorno alla maternità in adolescenza”, dando vita a un podcast ascoltabile gratuitamente a questo indirizzo: https://www.spreaker.com/show/percorsi-babymamme_1
Due i tronconi dell’intervento: «Uno riguarda l’aiuto alle baby mamme in carico oggi – spiega una volontaria Piera Lualdi - l’altro al nostro compito di prevenzione all’aborto nelle giovanissime. Ci è sembrato importante potenziare i nostri interventi nelle scuole superiori di Busto e dotarci di nuovi strumenti tecnologici, come video e altro per incontrare i ragazzi».
E così nel podcast si elencano informazioni importanti come i più grandi bisogni delle mamme. «La solitudine rappresenta un grosso problema – prosegue - Le ragazze si vedono voltare le spalle dal fidanzato, il padre del bambino che da un giorno all’altro si trasforma in uno sconosciuto oppure è la famiglia d’origine a voltare le spalle e indicare l’interruzione di gravidanza perché la ragazza abbia di nuovo una vita normale. Noi invece prospettiamo una proposta di compagnia, un atteggiamento non giudicante. Con la nostra esperienza trentennale, raccontiamo tantissime storie analoghe alla loro in cui la fine della scelta per la vita è stata vincente».
D’altra parte l’adolescenza è una fase di crescita delicata, caratterizzata da gioie improvvise e delusioni, un’altalena di emozioni non sempre facile da gestire. Se poi arriva anche una maternità, le ragazze rischiano di sentirsi sole con conseguenze devastanti. Il progetto ha dunque messo in campo competenze per i giovanissimi genitori.
E le risposte nelle scuole? «Il rapporto con gli studenti si è presentato molto difficile – sottolinea – I ragazzi hanno categorie mentali diverse dalle nostre, molto spesso sono un po’ duri. Affermano per esempio che non è importante il bimbo, considerato un ammasso di cellule, ma che la mamma affermi il suo diritto di fare la sua vita e non rovinarsela. L’approccio giusto non è quello di mettersi su una contrapposizione ideologica e filosofica con loro, ma portare esperienze, storie. È dinanzi a testimonianze che un ragazzo può comprendere».
Toccante l’esperienza di Gilda dal Salvador, rimasta incinta a soli 17 anni ma che nemmeno per un istante ha pensato di sbarazzarsi del piccolo in grembo. «Ho avuto un’infanzia difficile senza il papà – racconta Gilda - Quando avevo 15 anni sono andata a scuola, poi l’ho lasciata e sono andata a lavorare. La mia vita è stata difficile. Quando avevo quasi 17 anni mi sono trasferita in Italia da una zia. Ero contentissima: volevo conoscere un altro paese. La zia aveva un figlio piccolo, quindi ho lavorato come baby sitter. Però lei mi maltrattava e quindi sono andata via: un’amica mi ha offerto l’ospitalità. Aveva due figli e anche lì facevo la baby sitter».
Gilda si trovava a Milano e aveva 17 anni, quando ha conosciuto il suo fidanzato. «Siamo rimasti un anno insieme – prosegue - Poi sono rimasta incinta e il mio fidanzato era contentissimo. Non sapevo cosa fare, ma mai ho pensato di abortire: il bimbo è un miracolo e va protetto e curato. Mia mamma, però, non voleva che tenessi il figlio, forse perché gelosa, aveva paura, temeva che non le inviassi più i soldi. Ma noi volevamo assolutamente tenere il nostro bambino. Allora ci siamo rivolti al Cav prima di Milano poi di Busto Arsizio, che ci ha aiutato moltissimo. Un aiuto durato fino alla nascita del bimbo e che dura anche oggi. Sono felice».