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Busto Arsizio | 09 agosto 2022, 08:00

Busto e i rifiuti abbandonati: che fatica non rispettare le regole

Un cittadino che attraversa l'ampio giardino del palazzo confinante per buttare l'immondizia nel cestino. Un altro che scarica pneumatici in un'area - non abbastanza - nascosta. E quanti casi ancora, nel segno del "non si potrebbe"

Pneumatici in un'area nascosta - ma non troppo - a Busto e immondizia di casa nei cestini

Pneumatici in un'area nascosta - ma non troppo - a Busto e immondizia di casa nei cestini

Scena intercettata a irragionevole distanza:  Busto Arsizio, un cittadino attraversa il giardino di un palazzo, per raggiungere l'agognata meta, ovvero il cestino portarifiuti. Lì piazza due vistosi sacchi, non certo ricordini del cane o labile immondizia da passeggio, occupando tutto lo spazio e di più. Poi, riattraversa il giardino e raggiunge la base, ovvero l'altro palazzo dove egli risiede. Per mettersi in auto, chissà se partendo per le vacanze o che, perché pare di intravedere dei bagagli.

Resta la fatica, misurabile con la distanza di un giardino piuttosto ampio percorso: non ne sarebbe costata meno dividere i rifiuti secondo i crismi in casa e poi lasciarli dove si deve, ovvero nel locale apposito del palazzo o fuori nei giorni stabiliti da Agesp?

Questo episodio rimanda a un altro da noi citato pochi giorni fa: il parcheggio sterrato dietro Villa Calcaterra - la villa del cinema e non solo - dove si fanno notare molti rifiuti, tra cui pneumatici. LEGGI QUI. Ci si è dovuti mettere in viaggio, per sbarazzarsene lì e incorrere in una potenziale multa, se scoperti.

Insomma, che si vuole davvero risparmiare non rispettando le regole? Tempo? Pare di no. Energie? Anche meno. Soldi? No, visto che spesso la distanza di un abbandono irregolare di rifiuti è superiore a quella di un comportamento nel segno delle regole.

Questo comportamento sul fronte dei rifiuti ci ricorda un altro episodio a cui abbiamo assistito, in un controverso - nel senso che molti se ne fregano e lo percorrono contromano - senso unico nel quartiere di Sant'Edoardo.

In scioltezza, arrivano un nonno in bici con consorte e nipotini. Non dissertiamo sulla possibilità o meno per le biciclette di farlo, piuttosto il pericolo è evidente perché pedalano al centro della strada. Forse il nonno percepisce il nostro brivido, perché lo sentiamo dire: «Non si potrebbe, però...» e tutti sbucano gioiosamente sull'incrocio vietato, dove un'auto potrebbe piombare da un momento all'altro.

Ci sono due storture, in questo caso. La prima è quel condizionale: non si può, altro che potrebbe.

La seconda è: sì, questa volta si è fatta meno fatica rispetto alla via ordinaria. Ma rimanere schiacciati da un'auto vanificherebbe quel risparmio di energia.

La realtà è che troppe volte ci diciamo "non si potrebbe", mentre non si può e basta.

E che facciamo un notevole fatica per dribblare le regole, mentre la via retta - fisica e metaforica - è molto più semplice. Sì, ci piace complicare la nostra vita, come pure quella dell'ambiente.

Marilena Lualdi

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