Mi presento: sono Stefano, ho 48 anni e da quando ne avevo 20 convivo con il diabete di tipo 1. È stata allora una vera doccia fredda comparsa dopo un morbillo particolarmente aggressivo.
Da sempre pratico sport e tutti mi conoscono come una persona molto attiva. in questo senso ho avuto la fortuna di far diventare lo sport anche il mio lavoro: negli anni sono diventato preparatore atletico, allenatore federale di triathlon e personal trainer. In questi anni di convivenza con questo ospite mi sono tolto la soddisfazione di tagliare il traguardo di mezze maratone, maratone, granfondo ciclistiche, traversate a nuoto, numerosi triathlon (che nella versione olimpica prevede 1,5 km a nuoto, 40 km in bici e 10 km di corsa) e 4 Ironman (forse la più incredibile gara di resistenza al mondo, sicuramente la più lunga distanza ufficiale del Triathlon con 3,8 Km a nuoto, 180 Km in bici più la maratona classica di 42 Km).
Mi piace ricordare come è nato l’Ironman: un giorno di febbraio del 1977, alle Hawaii, davanti a qualche boccale di birra, forse qualcuno di troppo, il comandante di marina John Collins, sua moglie ed alcuni amici, si trovarono a discutere su un’annosa questione: «Chi è più tosto (fit) tra i nuotatori, i ciclisti ed i corridori?». Finché non trovarono una soluzione non scientifica ma molto pratica: organizzare una gara di Triathlon superlungo (con le distanze indicate prima) il cui scopo era, fondamentalmente, di superare la linea d’arrivo, cioè di farcela… La prima volta, il 18 febbraio 1978, partirono in 15, assistiti da un team di assistenza con acqua e cibo.
Usciti dall’acqua, gli atleti fecero la doccia prima di inforcare la bici; qualcuno, affamato, si fermò da McDonald’s e pare che il team di John Dunbar, rimasto senz’acqua, potè offrire al proprio atleta solo birra il che non gli impedì di arrivare secondo: arrivarono in 12, ed il primo Ironman della storia, lo statunitense Gordon Haller, impiegò quasi 12 ore. Campioni e campionesse ora ne impiegano circa 8. Ad oggi nessun italiano si è mai piazzato tra i primi tre classificati nelle 43 edizioni disputate.
Potete immaginare come sia difficile mantenere un’adeguata performance fisica per portare a termine queste “imprese” già in condizioni di normalità metabolica, figuriamoci se, come nel mio caso, ci si mette il diabete a complicare i flussi energetici!
Eppure ho concluso le mie partecipazioni con il mio miglior tempo di 11 ore e 27 minuti. … e senza bere birra! All'inizio ho tenuto la mia condizione “nascosta”ma successivamente parlando e allenando un ragazzo con la mia stessa problematica mi sono reso conto di poter essere d'aiuto ai numerosi giovani che vivono con difficoltà il rapporto con l'insulina e con lo sport che vorrebbero iniziare o continuare a praticare.
Continuando ad aggiornarmi vorrei poter aiutare chi come me vive questa condizione. Anche per questo ho creato una mia associazione sportiva dilettantistica: la “infinity bike” che vuole essere un punto di riferimento per chi volesse avvicinarsi allo sport il che a mio avviso è fondamentale per contrastare questo spiacevole ospite... chi volesse contattarmi può farlo su Facebook o Instagram oppure al 3791246360.
Proprio lo scorso anno, per dimostrare quanto l'attività fisica possa abbattere i limiti, partendo da Varese in bici ho scalato il mitico passo dello Stelvio (m. 2758) esponendo il mio motto: i limiti sono solo nella tua testa “nevergiveup”!