«Penso che, mai come in questo momento, non sia rispettato l’articolo 1 della nostra Costituzione: "L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro". E trovo ingiusto che alcuni insegnanti, anche molto validi, siano costretti a cedere al 'ricatto' del vaccino, come lo chiamo io, per far lezione in classe».
A parlare è Paola Civallero, 48enne piemontese di Saluzzo, assistente alle autonomie in un istituto superiore saluzzese, in aspettativa da settembre anche per dedicarsi in casa al progetto di educazione parentale di due dei suoi quattro figli, un bambino di sette anni e una ragazzina di 13. Oggi Paola è al suo quarto giorno di uno sciopero della fame intrapreso quando l’obbligo vaccinale per gli over 50 deciso dal Consiglio dei Ministri di mercoledì sera era ancora soltanto una possibilità.
Una protesta nella quale, a distanza di alcune ore, è stata affiancata dall’amica Manuela Baravalle, 46enne, contabile analista e casalinga di Murello, nel Saviglianese. A unirle le medesime motivazioni.
«In tema di vaccini – spiega Paola al nostro giornale – ho seguito dibattiti e convegni: l’ultimo in diretta online a Roma il 3 e 4 gennaio, 'Pandemia. Invito al confronto'. con un parterre di medici ed esperti di diritto. Non c’è , secondo me, nessuna evidenza che la vaccinazione ci aiuti a uscire da questa pandemia. Mentre c’è invece l’evidenza che con due o tre dosi ci si ammala ugualmente e nessuno può sapere con esattezza come sarebbe la malattia senza aver fatto le inoculazioni. Non sono contro il vaccino. Ho i miei dubbi in merito e penso di poterli manifestare come di scegliere di non farlo».
«Ho iniziato il digiuno a oltranza – dice ancora Paola –, sostenuta da mio marito, come forma di protesta ispirandomi al gesto pacifico di Gandhi. Sono consapevole dei rischi che corro e di ciò che comporterà se verrà protratto a lungo. Non lo faccio solo per me stessa, ma per le persone che per lavorare sono costrette a fare un trattamento sanitario che a cui non credono».
Sul suo numero di Whatsapp sono giunti numerosi messaggi di affetto e sostegno, insieme a consigli anche da parte di sanitari, come anche a commenti negativi. Al suo medico di famiglia ha comunicato della scelta di non nutrirsi pur continuando l’idratazione. «Ha preso atto e, anche se non condivide le mie idee, mi ha informato che, qualora le condizioni degenerassero a rischio della vita, si vedrebbe costretto a intervenire con un trattamento sanitario obbligatorio».
Appena ha sentito della battaglia intrapresa dell'amica, Manuela, che è mamma di un ragazzino di 11 anni, ha deciso che quella sarebbe stata anche la sua scelta. «Volevo una forma di lotta – ci racconta – per far sentire la mia voce nella situazione che si sta creando, una protesta in cui non mettere nessuno in campo, se non me stessa. Non accetto l’etichetta di "no vax". Sono per la libertà di scelta. Ritengo di non voler fare questo 'siero sperimentale', di cui si ignorano gli effetti e chiedo venga ripristinato lo Stato di diritto e la libertà di scelta nel rispetto della Costituzione. L’ultimo Dpcm è contro ogni diritto umano: se sei "sierato" puoi lavorare e mangi, in caso contrario no».
Parla con grande convinzione, Manuela: «Chiedo venga abolito il certificato verde e rispettata la libertà. Trovo una follia limitare la libera circolazione delle persone, come le restrizioni di accesso ai luoghi della cultura. Io non posso ad esempio accompagnare mio figlio in biblioteca. Si è arrivati anche ai cartelli in alcuni esercizi commerciali in cui si legge "non possono entrare i no vax"».
Anche Manuela, che è appoggiata dal marito e dal figlio ha comunicato al medico curante la decisione dello sciopero della fame. Numerosi gli Sms di solidarietà al suo indirizzo, ma anche auguri crudeli, come quello di “morire di fame”.