«I problemi più grossi sono in primavera e in autunno. I cinghiali vanificano le semine e con il loro passaggio distruggono i prati ribaltando le zolle. Siamo scesi in piazza perché la situazione peggiora di anno in anno e ormai è insostenibile: chiediamo di non essere abbandonati».
La voce di Paolo Martinelli, produttore di Arcisate, si leva tra quelle di centinaia gli agricoltori e allevatori giunti da tutta la regione e anche dalla provincia di Varese in piazza Città di Lombardia a Milano, per lanciare il loro grido d’allarme contro l’invasione dei cinghiali che con l’emergenza Covid hanno trovato campo libero in spazi rurali e urbani, spingendosi sempre più vicini ad abitazioni e scuole fino ai parchi dove giocano i bambini.
Gli animali selvatici distruggono produzioni alimentari, sterminano raccolti, assediano campi, causano incidenti stradali anche con tragiche conseguenze e si spingono fino all’interno dei centri urbani dove razzolano tra i rifiuti con pericoli per la salute e la sicurezza delle persone. Un’emergenza nazionale che ha ormai oltrepassato il limite di guardia e che ha spinto gli agricoltori esasperati a scendere in piazza in contemporanea in tutta Italia, a partire da piazza Montecitorio a Roma.
Nel presidio di Milano, sotto la sede della Regione dove è stata allestita un’esposizione delle principali colture distrutte dai selvatici, al fianco degli agricoltori guidati dal presidente della Coldiretti Lombardia Paolo Voltini si sono schierati esponenti delle istituzioni e sindaci con i gonfaloni.
Nella piazza piena di gente, si vedono cartelli con le foto degli incidenti provocati sulle strade e dei danni nelle campagne ma anche con scritte come “Noi seminiamo, i cinghiali raccolgono”; “Chiuso per cinghiali”, “Difendiamo il nostro territorio” e “Niente lockdown per i cinghiali”.