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Varese | 22 aprile 2021, 10:07

Un anno di assessorato al Turismo, Lovato (Italia Viva): «Varese ha troppo, persino una vocazione termale, ma non sfruttiamo le opportunità»

L’assessore ha fatto ieri il punto sulle attività portate avanti nell’ultimo anno segnato dalla pandemia: «Il problema non è organizzare gli eventi a Varese, ma fare in modo che non siano episodici»

Un anno di assessorato al Turismo, Lovato (Italia Viva): «Varese ha troppo, persino una vocazione termale, ma non sfruttiamo le opportunità»

Nominato a febbraio dello scorso anno come assessore al Tursimo, grandi eventi e digitalizzazione, Fabrizio Lovato è tra i colleghi di giunta, quello che ha scontato di più l’arrivo della pandemia, che di fatto ha bloccato tutto il settore turistico e l’indotto cittadino. «Questo in realtà ci ha permesso di ricominciare da zero e lavorare allo sviluppo di un modello di business legato al turismo, con l’obiettivo che a Varese si soggiorni bene per un giorno e una vita e in modo che il turista non sia invasivo». A settembre è stato quindi istituito il Tavolo permanente del turismo varesino con tutti gli attori del comparto che ha l’obiettivo della condivisione delle informazioni. «Abbiamo fatto 11 incontri in sette mesi e stiamo cercando di portare avanti un progetto specifico legato alla promozione della città per un turismo esperienziale, sostenibile e lento».

Nel percorso intrapreso, l’assessore è partito da tre domande: «Prima fra tutte se Varese sia davvero città turistica, poi come siamo visti sotto questo punto di vista e quale ruolo debba avere l’amministrazione. Ci siamo risposti che Varese è potenzialmente turistica ma non sappiamo quali sono le opportunità che possediamo. Abbiamo troppo: due siti Unesco, troppe Ville, troppi Parchi troppe bellezze naturalistiche difficili da coordinare. C’è tutto il ramo sportivo con i sui eventi e la possibilità di praticare in città praticamente tutti gli sport. Io, per esempio, non sapevo che Varese è anche una città termale, per le proprietà delle sue acque. Potrebbe chiamarsi come Montecatini, Varese Terme».


Il problema di fondo però è un altro: «Si confonde un’attrazione con un attrattore. Un evento culturale può essere elemento attrattore, ma se è episodico non riusciamo a capitalizzare l’attività che si sta facendo. Facciamo l’esempio dello sport: Varese è in grado di portare sul territorio tantissimi sportivi con gli eventi specifici, ma come poi fare in modo che tornino o che parlino di Varese? Questo è prioritario per sviluppare un turismo nel vero senso della parola. Parliamo poi dell’Isolino Virginia e del Sacro Monte: hanno un limite che è l’accessibilità e non c’è soluzione se non farne una risorsa. Sono luoghi per molti, ma non per tutti che possono funzionare benissimo con un sistema di prenotazioni».

E poi c’è tutto il tema dell’accoglienza dei varesini. «Con l’Università abbiamo un progetto di formazione e ricerca che coinvolga la cittadinanza per affrontare proprio l’aspetto dell’accoglienza: il turista al varesino da un po’ fastidio, perché ne subisce la presenza, vedi le gare ciclistiche. Dobbiamo trovare il sistema per ingaggiare la popolazione e farle capire che il turismo è un’opportunità con ampi sbocchi sul territorio».

Valentina Fumagalli

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