IPSOS per Save the Children, ha condotto un'indagine, “I giovani ai tempi del Coronavirus”, che ha coinvolto oltre due milioni e mezzo di ragazze e ragazzi delle scuole superiori di secondo grado, intervistati per comprendere le loro opinioni, stati d’animo e aspettative e mettere in luce il vero impatto, spesso sottovalutato, della chiusura delle scuole e del loro funzionamento a singhiozzo. Ne emerge un quadro critico che fa anche suonare un campanello d’allarme sul rischio di dispersione scolastica. Il 28% degli studenti intervistati dichiara infatti che almeno un loro compagno di classe dal lockdown di questa primavera ad oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni.
Secondo gli adolescenti intervistati, tra le cause principali delle assenze dalla DAD, vi è la difficoltà delle connessioni e la fatica a concentrarsi nel seguire la didattica dietro uno schermo. Difficoltà che sembrerebbero avere un duro impatto nella loro preparazione scolastica: più di uno studente su tre (35%) si sente più impreparato di quando andava a scuola in presenza e il 35% quest’anno deve recuperare più materie dell’anno scorso. Quasi quattro studenti su dieci dichiarano di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%). Gli adolescenti dicono di sentirsi stanchi (31%), incerti (17%), preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati (14%), nervosi (14%), apatici (13%), scoraggiati (13%).
I ragazzi si sentono esclusi dalle scelte per il contrasto alla diffusione del Covid, che li hanno visti penalizzati nell’interruzione delle attività scolastiche in presenza: il 65% è convinto di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia, il 43% si sente accusato dagli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio, mentre il 42% ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non è permesso di andare a scuola.
Un “anno sprecato” per quasi un adolescente su due (46%), che, in ogni caso, nella costrizione di vivere in un mondo di incontri solo virtuali, ha fatto riscoprire a molti il valore della relazione “dal vivo” con i coetanei: anche se quasi un quarto degli adolescenti (23%) dichiara che, in questo anno di pandemia, ha capito che uscire non è poi così importante e che si possono mantenere le relazioni anche on line. Per contro, l’85% dei ragazzi intervistati afferma invece di aver capito quanto sia importante uscire con gli amici, andare fuori e relazionarsi “in presenza”.
In un’età di cambiamento come quella dell’adolescenza, il tema delle relazioni personali è fondamentale e tra le “privazioni” che i ragazzi hanno sofferto di più, anche quella di non aver potuto vivere esperienze sentimentali importanti per la loro età (63%). E guardando al futuro, solo 1 su 4 pensa che “tornerà tutto come prima” (26%) e la stessa percentuale ritiene che “continueremo ad avere paura”, mentre il 43% vede l’esperienza che sta vivendo come uno spartiacque che sdogana, anche dopo il vaccino, il fatto che “staremo comunque insieme in modo diverso, più on line” (43%).
Alla politica il compito di fare delle scelte su questo futuro e i ragazzi sembrano essere particolarmente attenti e interessati: il 69% di loro, infatti, ha sentito in qualche modo parlare del Next Generation EU e una gran parte degli intervistati guarda con interesse alle possibilità che potrebbe offrire per il loro futuro, tanto da sperare che attraverso questo Fondo vengano incrementati i finanziamenti per l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani (30%) o la possibilità di studiare gratuitamente all’estero (17%) e all’università (17%).
Riguardo alle priorità per il Paese su cui i giovani pensano si debba investire, emergono il lavoro (29%), la salute (21%) e la lotta alla povertà (19%) e l’ambiente (12%).
Approfondendo ulteriormente i dati della ricerca IPSOS (QUI l'indagine completa), per quanto riguarda la presenza di casi di Coronavirus a scuola, più di 7 ragazzi su 10 riportano di casi positivi fra gli studenti e/o i docenti: in 4 casi su 10 si tratta di compagni di classe (41%), in 1 caso su 4 (26%) dei propri docenti. Nonostante la presenza di casi Covid a scuola fra studenti e/o docenti abbia generato preoccupazione nel 74% degli intervistati, i ragazzi positivi sono stati supportati dai compagni di classe nella stragrande maggioranza dei casi (82%); in qualche caso (14%), tuttavia, gli intervistati segnalano che i ragazzi contagiati si sono ripiegati su se stessi e in alcuni casi, anche se limitati (8%), purtroppo sono stati colpevolizzati dai compagni di classe.
«Questo anno ha fortemente condizionato la vita di milioni di bambini e adolescenti e in particolare questi ultimi che hanno subito un allontanamento più lungo dalle aule scolastiche. Si sono ritrovati soli, in una condizione nuova e restrittiva a gestire scuola e relazioni a distanza e non tutti hanno resistito. I numeri ci confermano la preoccupazione profonda per il rischio di un’impennata nella dispersione scolastica: gli studenti hanno subito conseguenze significative dalla DAD che non sempre è stata efficace e che si sta lasciando alle spalle danni forse irreparabili - afferma Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children - È fondamentale agire subito con dei “ristori” anche per questi ragazzi, perché stanno perdendo non solo competenze ma soprattutto motivazione, allontanandosi velocemente dalla scuola e, con essa, dalle loro opportunità per costruirsi un futuro. Guardano alla politica con speranza e curiosità ed è ora che la politica sia all’altezza delle loro aspettative, utilizzando un fondo – Next Generation UE – che proprio alle nuove generazioni dovrebbe essere dedicato, per dare nuova linfa e impulso a combattere un orizzonte con poche prospettive, soprattutto per coloro che vivono in condizioni di difficoltà».