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Busto Arsizio | 18 novembre 2025, 11:34

Da New York a Busto, lo scienziato dell'arte Marco Leona torna alle origini

Il direttore della ricerca scientifica del Metropolitan Museum, la cui madre è bustocca, a pranzo con la famiglia in città. Classe 1967, nipote del presidente del Club dei Nasi Gino Valenti: «Il vostro cimitero monumentale racconta una grande storia industriale»

Da New York a Busto, lo scienziato dell'arte Marco Leona torna alle origini

Un visitatore d'eccezione, che unisce l'eccellenza mondiale alle più profonde radici locali. Marco Leona, direttore della ricerca scientifica al prestigioso Metropolitan Museum of Art di New York, è stato avvistato in città nei giorni scorsi per una visita privata, un ritorno alle origini familiari che non ha mai dimenticato.

Il pranzo, in un clima di serena convivialità, si è svolto alla storica pizzeria Capri, dove Leona ha condiviso il tavolo con la mamma e con lo zio, Gino Valenti, figura notissima in città e presidente del "Club dei Nasi". Un quadretto familiare che racconta una storia di legami indissolubili. Sebbene Marco Leona sia originario di Ivrea, il suo legame con Busto Arsizio è forte e sentito: è qui, infatti, che è nata sua madre, ed è qui che risiede una parte importante della sua famiglia.

Per chi non lo conoscesse, Marco Leona è uno dei massimi esperti mondiali nel campo della cosiddetta "heritage science", la scienza applicata ai beni culturali. Da vent'anni guida al Met un dipartimento da lui stesso creato, dove un team di scienziati e tecnici utilizza le tecnologie più avanzate per studiare i materiali delle opere d'arte. Ma al di là della sua straordinaria carriera, che lo porta a lavorare quotidianamente con i capolavori in esposizione a "The Met", il cuore di Leona conserva un posto speciale per il nostro territorio. Intercettato per un breve scambio di parole, ha rivelato un'immagine inaspettata e affascinante della "sua" Busto.

«Una cosa particolare per me, che magari è strano, è il cimitero monumentale» ha confidato. Un luogo che, ai suoi occhi di scienziato e uomo di cultura, non è solo un camposanto, ma un vero e proprio archivio a cielo aperto della storia cittadina. «È un simbolo dell'architettura di fine Ottocento. Ci sono monumenti che raccontano la grande storia industriale ed economica di Busto».

Un'osservazione profonda, che vede nelle cappelle gentilizie e nelle sculture un riflesso tangibile del desiderio di una città, all'apice del suo sviluppo, di affermare la propria identità. Un'identità lombarda che Leona sente viva, al di là degli stereotipi. «Noi pensiamo sempre alla Lombardia soltanto come regione industriale, moderna, ma invece le città storiche, l'arte, la storia, la cultura sono importantissime».

Nonostante le sue origini piemontesi, il legame con la città della madre rimane un punto fermo. «Io mi sento piemontese perché sono nato e cresciuto in Piemonte, però questo legame c'è» ha concluso, sorridendo. 

Giovanni Ferrario

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