Su uno scaffale nel suo ufficio, al 15esimo piano di Palazzo Pirelli, c’è il gesso con la scritta «governo» utilizzato quando era sindaco di Malnate per protestare contro i tagli dell’esecutivo che aveva «ingessato», appunto, le amministrazioni locali.
Sulla parete, un quadro con le firme dei ragazzi e delle ragazze della sua squadra che lo avevano aiutato a vincere le elezioni comunali. Al termine di una campagna elettorale durante la quale aveva suonato i seimila campanelli di Malnate. «Non sempre mi hanno risposto, ma io li ho suonati tutti», racconta Samuele Astuti.
Una “palestra” per l’impegno da consigliere regionale, che da anni lo porta a spostarsi quasi quotidianamente da una parte all’altra della provincia. È così, d’altronde, che ci si connette con il territorio. E si ottengono le preferenze: alle elezioni del 2023 ne ha fatto incetta, con ben 8.348 voti personali.
Oggi, venerdì 14 novembre, il consigliere regionale Astuti, già segretario provinciale del Partito Democratico, presidente della commissione regionale d’inchiesta sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e coordinatore del Forum sanità del Pd lombardo, compie cinquant’anni. È l’occasione per tracciare un bilancio della sua esperienza politica fino a qui, tra momenti belli ma anche dolorosi. Se dovesse esprimere un desiderio, come si fa nel giorno del compleanno, per il futuro Astuti “guarda” alla giunta regionale – ma prima bisogna ovviamente vincere le elezioni – o a un ruolo nazionale, ossia al Parlamento. Non a Bruxelles, ma nemmeno a Palazzo Estense: candidarsi a sindaco di Varese non è oggi tra i suoi piani.
Nella foto qui sotto, Astuti con la fascia da sindaco insieme ai suoi "mentori" politici, Gianfranco Colombo (a destra) e Nino Paolini.

Com’è nata la sua passione per la politica?
«La passione politica ce l’ho praticamente da sempre. Prima con l’impegno nello scoutismo, poi a scuola: ho fatto il rappresentante degli studenti all’università. Poi, durante il dottorato di ricerca, ho iniziato con la politica “super locale”. Allora non c’era ancora il Pd, però a Malnate esisteva un gruppo che lavorava già sotto il simbolo dell’Ulivo, tenendo insieme Ds, Margherita e socialisti. Ho cominciato a frequentare le loro riunioni. I primi tempi mi limitavo ad ascoltare, poi ho preso sempre maggiore confidenza e da lì è nato tutto».
Qual è stato il primo incarico?
«Nel 2007 sono diventato consigliere comunale a Malnate. Di minoranza, perché avevamo perso le elezioni. Sono diventato presidente della commissione Bilancio e poi da lì sindaco (la prima volta nel 2011, ndr), segretario provinciale del Pd e consigliere regionale».
Qual è stato, politicamente, il momento più bello fino a oggi?
«Sono stati tantissimi. Fare politica e fare il sindaco è stato molto bello. Io l’ho fatto in anni molto complicati, con grossissimi tagli da parte dello Stato agli enti locali che ci hanno costretto a fare una fatica pazzesca per chiudere il bilancio.
È stato bellissimo partire con la città dei bambini, che per noi era un progetto amministrativo e politico molto importante. Ed è stata una grande soddisfazione cominciare a vedere i risultati di quel percorso, con la maggioranza dei bambini che andava a scuola a piedi.
E poi a me piacciono molto le campagne elettorali. Me lo insegnò Giuseppe Adamoli: la prova del 9 per capire se sei fatto per la politica sono le campagne elettorali. Chi non si diverte, deve fare altro. A me invece piace molto il confronto con le persone, ascoltarne i bisogni, farsi raccontare anche quello che puoi aver sbagliato e cercare di costruire insieme delle proposte».
Un momento negativo, invece?
«Tra i momenti che mi hanno segnato di più, quando facevo il sindaco, c’è stata la morte di un paio di persone in incidenti stradali. E mi ha segnato tanto anche la vicenda di due sorelline portate via dal padre, espatriate, peraltro nel periodo di Natale. Una vicenda dura.
E poi è stato parecchio difficile il periodo del Covid, in cui si faceva fatica a dare risposte. Io cercavo in tutti i modi di raccogliere il maggior numero di informazioni, di spiegare alle persone che cosa si dovesse fare, quali fossero le linee guida da seguire
Tra i momenti dolorosi, più di recente c’è stata anche la rottura con un pezzo di maggioranza a Malnate».
Nei Comuni il centrosinistra si è tolto delle soddisfazioni, penso a Malnate o Varese. La Regione sembra invece una montagna non scalabile…
«Beh, le vittorie più belle sono quelle sudate. Dopo trent’anni in cui subiamo, mi auguro proprio che la prossima volta sia quella buona. Lo dico non soltanto perché ho speranza, ma perché vedo il lavoro che stiamo facendo sia con la segreteria regionale del partito, sia con il gruppo del Pd in Consiglio regionale. L’ambizione di tenere tutte le forze di opposizione insieme, di costruire una vera alternativa e non soltanto di raccontare le cose non vanno ma soprattutto le nostre proposte. Come vogliamo cambiare la sanità, descrivendo il percorso che ci può portare a un servizio socio-sanitario diverso; il tema dei trasporti e quello ormai annoso della casa.
In questi ultimi anni Regione Lombardia ha veramente mollato, non governa più i processi: in un mondo sempre più complesso, se non governi i cambiamenti, si divaricano in maniera significativa gli inclusi e gli esclusi. E questo è quello che sta succedendo».
Il candidato alle prossime regionali sarà Emilio Del Bono (attuale vicepresidente del Consiglio regionale, ndr)?
«Stiamo iniziando un percorso, Laboratorio 2028 per la Lombardia, che guida proprio Del Bono. Sicuramente la sua è una figura di primissimo piano, con una lunga esperienza politico-amministrativa di grandissimi successi. Ma è ancora presto per parlare di nomi».
Il centrodestra, che ha vinto le ultime regionali senza particolari difficoltà, in questo momento sta attraversando una fase litigiosa. Come la vede dall’opposizione?
«Siamo a metà della seconda legislatura Fontana. I rapporti di forza in Consiglio regionale in maggioranza sono completamente cambiati e quasi dall’inizio della legislatura vediamo grande instabilità. Diverse volte, quando c’è il voto segreto, le nostre mozioni passano. Questo vuol dire che stiamo facendo delle proposte che il centrodestra vorrebbe fare, ma non ne è in grado. E poi che c’è un livello di litigiosità veramente alto, peraltro non nei contenuti, che sono pochi, ma legato a chi sarà il prossimo candidato per il centrodestra».

Siede in Consiglio regionale dal 2018. Che cosa vede nel suo futuro politico, che cosa le piacerebbe fare?
«Adesso sono molto concentrato sulla chiusura della commissione d’inchiesta entro fine anno e stiamo lavorando alacremente.
Sul lungo periodo, noi ci mettiamo tutti sempre a disposizione del partito. Abbiamo davanti degli appuntamenti elettorali importanti: quella dopo la chiusura del ciclo di presidenza Fontana sarà una campagna elettorale complessa. A livello nazionale c’è un cantiere per costruire un’alternativa al governo di destra. Partite importanti alle quali mi dedicherò».
Ma livello personale? Guarda a Roma, o magari all’Europa?
«All’Europa in questo momento sicuramente no. Mi piacerebbe molto poter vincere in Regione e, insieme al futuro presidente, costruire una Lombardia diversa da quella che viviamo oggi. Sì, andrei volentieri in giunta.
E, come penso chiunque faccia politica, penso che l’approdo in una posizione a livello nazionale sia una delle ambizioni naturali. Detto ciò, come abbiamo sempre fatto nella nostra comunità, ognuno si mette a disposizione e insieme agli altri decide il percorso da intraprendere».
È molto legato al suo Comune, ma ha mai guardato all’elezione a sindaco di Varese come possibilità?
«No… E poi non sono io a decidere. Come partito abbiamo sempre lasciato ai livelli locali la scelta sui temi amministrativi. Sono sicuro che sceglieranno bene. E non c’è una mia disponibilità, nel senso che non mi sto candidando a fare il sindaco di Varese.
Manca ancora un anno e mezzo al voto. Veniamo da nove anni di amministrazione di Davide Galimberti, che ha dato slancio a una città che negli ultimi anni si era spenta. Il bilancio è estremamente positivo e sono sicuro che il Pd sarà in grado di fare la scelta giusta. Ma prima ci sono ancora grossi progetti da portare avanti e siamo tutti al fianco dell’amministrazione in questa fase molto impegnativa».
Come vede la “battaglia” che ci sarà per il dopo-Galimberti?
«Davide è stato un sindaco che ha fatto tantissimo, è stato in grado di ripensare e riprogettare la città. Il dopo-Galimberti sarà molto impegnativo. Oltre ad aver risolto diversi problemi, Davide, con la giunta e la maggioranza, ha costruito le condizioni per una serie di progettualità che dovranno essere caricate sulle spalle di chi arriverà dopo di lui. Penso ad esempio al tema del Pgt, che ha bisogno di un decennio per avere la sua implementazione vera e propria. Ci sarà quindi un carico di lavoro e responsabilità molto importante».
Spegnendo le cinquanta candeline, politicamente quale desiderio esprimerebbe?
«Mi piacerebbe, insieme alle lombarde e ai lombardi, riuscire a cambiare la Lombardia. La Lombardia sta diventando un territorio che rischia sempre più di emarginare persone. Ecco, il desiderio politico non è vincere le elezioni tanto per vincerle, ma ritornare ad avere un sistema sanitario effettivamente equo, che riesca ad accogliere tutti. Mi piacerebbe tanto avere una rete di trasporti pubblici veramente efficiente, pensare che le persone possano viaggiare sui treni e stare nelle stazioni in sicurezza».
E invece, lasciando al privato le cose più profonde, un piccolo desiderio personale?
«Portare il mare a Malnate. E la vittoria in Champions League dell’Inter».















