Al Luma Village, in via Canale a Busto Arsizio, è stato acceso un seme di speranza. Un nome strano, che incuriosisce: Atilibà. Un nome che si legge all’inverso, come tante cose nella vita di chi vive la disabilità. A raccontarlo è Chiara Cori, mamma di una bimba speciale, che spiega con emozione: «Atilibà è “abilità” al contrario, perché il nostro mondo è spesso al contrario. Crescendo, ai nostri figli manca la possibilità di divertirsi, di vivere il pomeriggio con attività pensate per loro. E così ci siamo messi insieme».
L’inaugurazione del centro Atilibà segna l’inizio di un progetto nato dal basso, dal cuore di quattro famiglie e dalla voglia di cambiare le cose. Un luogo pensato per ragazzi e ragazze con disabilità tra i 10 e i 16 anni, dove la musica, la danza, l’arte e la terapia diventano strumenti di libertà. Ma anche un punto di riferimento per i genitori, che potranno trovare conforto e forza reciproca in momenti di autosupporto, come il “sabato del sollievo”, una giornata di libertà tanto preziosa quanto rara.
Tutto è partito da un’esigenza concreta, portata all’attenzione dell’amministrazione grazie all’impegno del consigliere Emanuele Fiore e dell’avvocata e insegnante Giovanna Moschitta. «Mi hanno raccontato le difficoltà quotidiane delle famiglie - racconta Moschitta - e ho deciso di aiutarle, insieme a Emanuele. Abbiamo incontrato l’assessore Reguzzoni e da lì è nata l’idea di creare un’associazione. È una vittoria che non ha colore politico: è una scelta di umanità, che mette al centro i bisogni reali».
Dall’ascolto all’azione, il passo è stato breve. L’assessore Reguzzoni ha offerto il supporto del Comune e uno spazio fisico, il Luma Village, a cui si aggiungeranno durante l’inverno altre soluzioni più adatte. «Quando un’associazione nasce dai genitori, da persone speciali, è un doppio successo - ha detto l’assessore -. Trasformano la loro esperienza in qualcosa di concreto, positivo, contagioso. Il mio plauso va a loro».
Atilibà non è sola. Al suo fianco si è subito schierato Franco Castiglioni, presidente di Aias: «Da tempo cerchiamo di fare rete con queste realtà che nascono dal coraggio dei genitori. Spesso rischiano di spegnersi per mancanza di sostegno. Vogliamo esserci, per non disperdere questo entusiasmo e dare continuità».
Anche il presidente dell’associazione, Luca Bottigelli, papà di una bambina con disabilità, condivide la stessa energia: si lavora sodo per settembre e ottobre, quando l’obiettivo sarà quello di far conoscere Atilibà a nuove famiglie, ampliando il gruppo e dando forma a nuove attività, tra cui sport, laboratori, gruppi di mutuo aiuto per fratelli e sorelle.
Oggi Atilibà è un seme. Ma è stato piantato con amore e già germoglia. È la prova che, anche nel mondo al contrario, si può costruire qualcosa di meravigliosamente dritto.