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Storie | 24 giugno 2025, 21:40

“Busto Arsizio, lo stemma e il nome”. Franco Bertolli racconta la città dalle sue radici

Martedì 24 giugno, San Giovanni, nella gremita sala della biblioteca capitolare, la presentazione di un libro che accende la memoria collettiva, frutto di anni di ricerca tra antifonari e fonti storiche. Un viaggio affascinante tra etimologia, araldica e identità cittadina. Presente il gotha della cultura locale, con monsignor Pagani e numerosi rappresentanti di associazioni e istituzioni storiche bustocche

È il 24 giugno, giorno di San Giovanni, patrono della città. La sala della biblioteca capitolare è gremita all’inverosimile: c’è attesa, partecipazione viva, l’atmosfera di chi sa che sta per assistere a qualcosa di significativo. Sul tavolo dei relatori non ci sono solo microfoni e copie di un libro appena stampato: c’è la storia viva di Busto Arsizio, rilegata in pergamene, minuziosamente miniata, custodita nei secoli da antifonari monumentali. Uno in particolare, datato 1515, troneggia come un reliquiario: lo stemma cittadino vi appare nitido, scolpito nella storia come nelle parole di chi, oggi, la fa rivivere. 

Il professore che racconta Busto come Virgilio nella selva delle origini 

Protagonista dell’evento è Franco Bertolli, per tanti anni presidente della Capitolare, studioso appassionato e autore del nuovo volume “Busto Arsizio, lo stemma e il nome – A partire dagli antifonari della biblioteca capitolare”. Con lui al tavolo la giornalista e scrittrice Sara Magnoli, moderatrice dell’incontro. Presente Manuela Maffioli, assessore alla Cultura, che apre con emozione: «Ritrovo con piacere il professor Bertolli, il mio Virgilio otto anni fa all’inizio del mio mandato: fu lui a guidarmi nel cuore della Capitolare. Questo libro è un’operazione storica, filologica, identitaria: racconta Busto dall’interno, dal suo nucleo vitale. Ci fa sentire la nostra comunità, la nostra identità».

La sala è un piccolo scrigno di memoria e passione. Tra il pubblico, storici, docenti, rappresentanti delle associazioni culturali (Famiglia Bustocca, Scuola di musica Rossini, ex Sentieri dell’Arte, Amici della Capitolare, Museo Fisoni, Famiglia Sinaghina, Magistero dei Bruscitti), accademici del Politecnico e volti noti della cultura bustese. Presenze istituzionali e religiose importanti, come monsignor Severino Pagani e monsignor Mino Grampa, vescovo emerito di Lugano.

La Capitolare si rinnova: la biblioteca diventa spazio vivo e digitale 

Monsignor Pagani prende la parola, con tono pacato ma pieno d’orgoglio: «La Capitolare si è ravvivata, in questi ultimi anni. Abbiamo risistemato i fondi: da un lato il fondo antico, che racconta la nostra forza storica, dall’altro i volumi recenti, con interesse attuale su teologia, filosofia, storia. Con Solidarietà e Servizi stiamo digitalizzando tutto. Questa sala può diventare un luogo vivo della città». 

Il libro come una valigia che si apre e non si sa quando si chiude 

A dare voce alla profondità del testo ci pensa Sara Magnoli, che definisce il volume «uno scrigno di preziosità». E aggiunge: «Le ricerche del professor Bertolli sono come una valigia che si apre e non si sa quando si chiude. Questo libro è un viaggio a ritroso nel tempo, fino agli antifonari del ‘500: un percorso documentato, ma anche visionario». 

Antifonari, stemmi parlanti, famiglie e fuoco: un viaggio nella semiologia della città 

Bertolli, con il suo entusiasmo contagioso, accompagna il pubblico tra le miniature, gli stemmi, i simboli e le ipotesi.

«Gli stemmi – spiega – ci parlano. Sono influenzati dal parlato, dal dialetto. Come il cognome Sacchi che si rappresenta con un sacco o i Brusatori con un incendio. E poi ci sono gli stemmi monogrammatici: Maltagliati, Bonolis, Tibolti… ognuno un mondo da interpretare».

Lo stemma di Busto, con la sua torre avvolta dalle fiamme, compare in tre antifonari della Capitolare, e da lì parte un’indagine rigorosa, fatta di documenti, sigilli, codici come il Trivulziano, pergamene preziose, testimonianze visive dalla Rocca di Angera e dagli statuti di Varese del 1383.

Un’origine tra fuoco e linguaggio

Nella seconda parte del volume, Bertolli osa di più: unisce rigore accademico e intuizione storica per proporre una lettura affascinante dell’etimologia di “Busto” e del significato del fuoco nello stemma.

«Tutti i repertori – spiega – collegano Busto a comburere, bruciare. Una teoria è che nel VI secolo d.C., durante una bonifica con la tecnica del debbio, un incendio controllato bruciò la brughiera, dando origine a tre insediamenti: Busto Arsizio, Busto Garolfo e Buscate». 

A sostegno della tesi, Bertolli cita fonti longobarde: missionari chiamati decumani e un misterioso “Bustarius”, un fuochista, figura-ponte tra i religiosi e la popolazione. 

Una città che si specchia nel proprio stemma 

Il libro non è solo un’operazione storiografica. È un atto d’amore verso la città. Bertolli mostra le proiezioni degli stemmi, racconta delle famiglie che hanno lasciato tracce e codici nei secoli, fino ad arrivare al gonfalone attuale.

«I documenti ci sono, ma vanno interpretati. La paleografia è fondamentale per capire. Bustum era il nome di tre località infeudate da Federico Barbarossa. E c’è anche il termine Bustucavum, che racconta di uno scavo, un canale, un fosso fino a Busto Garolfo…». 

Un ricordo per Cesare Gallazzi 

Il professore non dimentica Cesare Gallazzi, scomparso da poco, figura chiave della Capitolare: «Aveva una passione forte per la storia e la Bibbia. Ha finanziato la collana dei quaderni, l’edizione critica dell’evangelistario del IX secolo. Per la Capitolare ha fatto moltissimo». 

Una serata da incorniciare, un libro da custodire 

Quello che resta, alla fine della serata, non è solo l’eco delle parole, ma la consapevolezza che Busto Arsizio ha ancora molto da raccontare. Che c’è chi scava nei documenti per restituire alla comunità non solo notizie, ma senso, appartenenza, identità.

Il libro di Bertolli non è solo un testo: è un gesto, un dono. Un invito a conoscere il passato per costruire un futuro consapevole.

E mentre si chiude la serata, tra strette di mano, commenti entusiasti e pagine sfogliate con reverenza, la Capitolare risuona di quella vita che da secoli la attraversa. E che, grazie a chi la custodisce e la racconta, non smetterà mai di bruciare.

Laura Vignati

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