Un mercatino con oggettistica, dolci e bevande. Lo ha organizzato oggi, domenica 19 novembre, l’associazione culturale Aurora della Speranza di Busto Arsizio con l’obiettivo di raccogliere fondi per la propria attività e per la gestione della sede in corso Italia.
Ma per la realtà islamica è stata anche l’occasione per aprire le porte al quartiere e, in generale, a chiunque fosse curioso di incontrala. E nel pomeriggio anche alcuni italiani hanno varcato la soglia della nuova sede, inaugurata lo scorso 14 ottobre. D’altra parte, «è importante farci conoscere per vincere i pregiudizi che inizialmente possono esserci», spiega il presidente Hamid Arifi.
Aurora della Speranza è nata nel 2020, nel pieno della pandemia. Alcuni dei suoi componenti erano già attivi nella sede di Borsano dell’associazione Il Quadrifoglio, tra lezioni di lingua araba e feste.
Ora il sodalizio è cresciuto e da alcune settimane ha trovato casa negli spazi lasciati sfitti dall’ex pizzeria Il Ciclope, all’angolo tra corso Italia e via Rossini. Qui si tengono lezioni di lingua araba e italiana.
Undici i soci dell’associazione, circa cento i bambini che frequentano i corsi, una settantina gli adulti, compresi alcuni universitari che studiano l’arabo.
L’apertura della nuova sede è stata accompagnata da attenzioni e anche qualche polemica. Non una sorpresa per Arifi, che tra il 2003 e il 2017 era in una realtà analoga a Legnano: «All’inizio è difficile, ma poi le cose vanno bene, basta seguire le leggi e fare tutto in maniera regolare – osserva –. La gente si domanda cosa facciamo e quando ci conoscono i pregiudizi se ne vanno». Anzi: «Abbiamo parlato con alcuni vicini e ci hanno detto che sono contenti di vedere tanti bambini nel quartiere».
E l’associazione ha un’attenzione particolare per i più piccoli, affinché “non perdano” la lingua della famiglia.
Ma Aurora della Speranza si impegna anche sul fronte della solidarietà. «Durante la pandemia abbiamo fatto donazioni a Protezione civile e Croce rossa – racconta il presidente –. Mentre dopo lo scoppio della guerra in Ucraina abbiamo raccolto cibo e vestiti».
Per quanto riguarda la sede, invece, «non è un luogo di preghiera – precisa Arifi –. Ma in una città grande e popolata come Busto servirebbe uno spazio dedicato al culto. Speriamo di poterla avere più avanti con il nuovo Pgt, seguendo le regole».
Al momento non sarebbe stato possibile avviare un vero e proprio dialogo con l’amministrazione. Ma l’associazione auspica che le cose possano cambiare: «Nel 2020 avevamo chiesto un incontro col sindaco per farci conoscere e, in seguito, uno spazio per la preghiera nel Ramadan – afferma Arifi –. Non abbiamo avuto risposta, ma ci vuole pazienza».