«I Rolling Stones hanno segnato la mia vita. Non sarei stato quello sono se non li avessi incontrati a 13 anni». Così Eugenio Finardi a mezzogiorno al Terminal 1 di Malpensa ha voluto offrire un tributo “My Stones” alla band rock britannica già a Milano per il concerto di questa sera.
Lo ha fatto In occasione della 28sima edizione della Festa in musica intonando canzoni del suo mitico gruppo, e non solo. Lui, artista versatile e poliedrico ha spaziato da canzoni del suo repertorio alla celebre Hallelujah di Leonard Cohen e canzoni da lui adattate come quella di Joan Osborne. Un’ora d’intrattenimento dove ha “bloccato” i turisti diretti magari in qualche paese esotico che però ben volentieri hanno dimenticato per un po’ l’agognata meta per concedersi alle note del famoso cantautore italiano. Oppure c’erano aficionado che volutamente hanno raggiunto il Terminal 1 per non lasciarsi sfuggire le canzoni del loro artista preferito. O anche manager che in giacca e cravatta hanno rallentato il passo lasciandosi travolgere dalla voce dell’energico interprete.
Tutti con il cellulare in mano per fotografare e fare video del cantautore che inaspettatamente hanno incontrato nel loro viaggio.Ha dato il la al concerto “Le ragazze di Osaka”, dedicato alla figlia affetta dalla sindrome di down e intitolato così perché ricorda gli occhi con una certa connotazione orientale simili a quelli delle ragazze orientali.
Poi via con un’altra canzone che fa onore alla nostra penisola: «Sono per metà americano – ha introdotto – e questa canzone l’ho scritta all’interno del Massachusetts il 25 aprile quando nevicava. Questo tempo mi scandalizzò così ho deciso di comporre una canzone per la mia Italia, appunto “Dolce Italia”». È tornato però ancora nel nuovo continente (sua madre è americana) rispolverando una canzone di Joan Osborne “E se Dio fosse uno di noi”. «È una brava cantautrice americana – ha dichiarato – che ha scritto una canzone dove si rivolge al divino immaginandolo come uno di noi. Ho voluto lasciare intatta la sua musica, intervenendo sulla parte testuale, rendendola più adatta alle nostre esigenze».
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Ha fatto poi rabbrividire il pubblico quando ha intonato l’”Hallelujah”. «È stato dato un premio Nobel a Bob Dylan – ha anticipato – ma se fosse stato un premio alla poesia, avrebbe dovuto condividerlo con Leonard Cohen che ha scritto canzoni di struggente umanità, dove il divino si fonde con l’umano. La musica è una liturgia per accedere alle leggi dell’universo e in questo brano Cohen contrappone le leggi divine della musica a quelle incomprensibili dell’amore carnale».
Poi spazio a “Non è nel cuore” e a “Un uomo”, che ha voluto dedicare a tutte le donne presenti. «Questa canzone – ha precisato – è la più difficile da cantare: tocca tutte le dodici note (considerando anche i tasti neri), le attraversa tutte».
Ecco poi l’omaggio ai suoi Rolling Stones, di cui ha fatto notare in lontananza l’aereo bianco parcheggiato, anche se si sa che Mick Jagger ha raggiunto Milano atterrando a Linate con il suo jet privato.
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Ai suoi Stones ha fatto eco “La radio”: «Ci sono canzoni – ha dichiarato – che si scrivono per caso e poi restano per tutta la vita. Questa l’ho scritta per gioco sul tram numero 11 a Milano ed è dal 1975 che mi accompagna».
Dulcis in fundo la famosissima “Extraterrestre portami via”. Finissimo intrattenitore in un’intervista ha parlato del suo nuovo disco: «Uscirà a settembre e si chiama “Eufonia”. La caratteristica è che si tratta di una suite e contiene molti miei pezzi. Mentre negli ultimi anni ho fatto tanti concerti molto parlati, con molta interazione con il pubblico, ho sentito dopo il lockdown che c’è bisogno di condivisione e ne è emerso un concerto molto caldo, coinvolgente dove non c’è mai interruzione e le canzoni s’intersecano per formare una specie di canzone totale».