«Sono contento di tornare nello stadio che mi ha dato tanto». Giovanni Zaro è il ragazzo cresciuto tra i tigrotti, che due anni fa ha deciso di andare più lontano. Di mettersi alla prova. Ora ha ritrovato un pezzo di emozioni di casa nel Südtirol: con Ivan Javorcic. L’allenatore, con il quale ha condiviso uno dei momenti più travolgenti dei tigrotti, la promozione in serie C. Con lui tornerà allo Speroni domenica 17 ottobre per sfidare la Pro Patria, anche se suona così strano. Adesso Giovanni, 27 anni, ha firmato un contratto con il club biancorosso fino al 30 giugno 2023.
«Ero consapevole della scelta che facevo, sarei venuto in una squadra molto competitiva che come obiettivo aveva quello di stare in alto e giocarsi il campionato fino alla fine».
Possiamo anche dirlo a chiare lettere l’obiettivo, no?
Certo, non sono scaramantico: vincere il campionato. E se non dovessimo riuscire direttamente, anche vincendo di playoff Ma sarebbe meglio vincere direttamente.
Giovanni Zaro, più determinato che mai?
Sapevo di venire in una squadra con una rosa ampia, e tanta competizione. L’avvio è stato positivo, per me e la squadra. Non abbiamo ancora perso, siamo la miglior difesa, magari facciamo più fatica realizzativa ma come inizio sia personale che collettivo è stato quasi perfetto.
Una difesa pazzesca, in effetti, raccontano i risultati finora.
Un solo gol preso, sì, ad oggi. Concediamo poco agli avversari. Merito di tutta la squadra, di noi difensori e del lavoro che facciamo durante la settimana, e della mentalità con il mister.
Che cosa ha significato per te ritrovarlo?
È stato piacevole. Anche la sua opinione su di me è stata sempre positiva. Penso che la mia scelta sia stata influenzata e approvata dal suo giudizio. Sono contento di averlo ritrovato e aver realizzato con lui la nuova avventura.
E ora tornate allo Speroni, ma con un’altra maglia. Roba da brividi?
Penso che sarò un po’ emozionato. Sono un giocatore emotivo, al di là di tutto. A Busto devo tanto e mi sono legato all’ambiente. Inizialmente sarà particolare. In quel campo lì ho giocato solo da giocatore della Pro Patria, mai da avversario. A Busto devo tanto. Mi ha fatto crescere quand’ero ragazzo, nel settore giovanile. La Pro la ritengo ancora casa mia. Ho fatto le mie prime esperienze da professionista, con un po’ di difficoltà come tutti i giovani nel calcio dei grandi. Mi sono rimboccato le maniche. In serie D avevo l’obiettivo di riportare la Pro nel calcio che meritava. Con il mister l’abbiamo ottenuto. Quello è un traguardo che ancora oggi porto nel cuore. Una soddisfazione unica. Quell’annata è stata veramente bella... A un certo punto dell’anno è stato difficile. Non abbiamo smesso mai di crederci e abbiamo completato la rimonta.
È stato difficile vederti andare via. Ma a volte bisogna andare fuori casa per crescere?
A livello di cuore è stata una scelta sofferta. Ci ho pensato, prima di decidere. Ma sono andato in una società con una storia importante: Modena ha fatto anni di serie A e B, la piazza lo meritava. E poi è stata una scelta umana, per crescere, mettermi in gioco e lasciare la mia zona di comfort. A volte arrivi a vivere qualcosa come una normalità. A Busto avevo stimoli, ci mancherebbe, ma avevo bisogno di fare una scelta che mi portasse una ventata nuova, a livello umano e di carriera.
Sei ancora nel cuore di molti tifosi, con diversi hai un rapporto di amicizia.
Sono oggettivamente contento di tornare allo stadio che mi ha dato tanto e di aver lasciato un bel ricordo. Sì, perché anch'io a Busto ho sempre dato tanto, e con il cuore.