Glielo presentò Giorgio Gaber: c'era questo ragazzo dalla Sicilia, un genio in anticipo sui tempi, che arrivava a Milano con le valigie di cartone. Lucio Piccoli, storico impresario, cuore bustocco, credette in Franco Battiato. E ne è stato ricompensato: non solo per il successo condiviso, bensì per una grande amicizia durata quasi sessant'anni.
È commosso, Lucio, oggi nel dover dire addio a questo artista: «Siamo stati fratelli. L'ho conosciuto negli anni Sessanta, grazie a Gaber. Lui era un genio, sì, e modesto come tutte le persone intelligenti».
Dopo il provino, Piccoli aiutò Battiato e lo portò anche a debuttare a Busto Arsizio, alla "Capannina", oggi scomparsa. La sua arte era qualcosa di straordinario, che si proiettava in tutta la sua modernità, uno sguardo avanti che veniva anche dall'immensa cultura del musicista.
Non è facile, il mondo degli artisti: «Ma lui non mi ha mai dato un problema. Era sempre gentile, di una rara modestia, un vero grande. Sì, siamo stati fratelli e io gli sono riconoscente». Come Battiato sapeva di dovere tanto a questo impresario che l'aveva immediatamente sostenuto.
Tanti spettacoli, un'amicizia durata tutta la vita e un ultimo concerto dove la serietà, la professionalità di Battiato fu ancora una volta straordinaria. «Era il 21 novembre 2016 a Milano, all'Auditorium per Telethon - ricorda commosso Piccoli - Lui aveva avuto un incidente eppure fu presente lo stesso, si esibì seduto».
Adesso, oltre al dolore di aver perso un amico, c'è però anche la riconoscenza: «Sì, gli sono grato e sono orgoglioso di avere scoperto uno come lui, grazie a Gaber».