«Grazie di tutto l’affetto. Verrò presto in Italia, appena sarà possibile arrivo». Ha avuto un sostegno incredibile da un’assemblea parlamentare con un altissimo tasso di partecipazione. Uomini e donne di differenti Paesi, idee politiche, età: Despina Chatzivassiliou-Tsovilis - 54 anni il 28 febbraio - è diventata il nuovo segretario generale (e per la prima volta si tratta di una donna) di quell’assemblea al Consiglio d’Europa. LEGGI QUI
Una donna di profonda cultura giuridica e non solo, che si è sempre battuta per i diritti umani. Greca, con un attaccamento speciale per l’Italia (da ragazzina salutò anche il presidente Pertini ad Atene, come narra una foto conservata gelosamente): la sua seconda casa è Busto Arsizio, ma anche l’Alpino, a Gignese, dove ha trascorso estati indimenticabili ammirando il lago Maggiore, racconta emozionandosi. E poi Firenze, dove ha studiato, e altri luoghi ancora dove è stata per il suo lavoro, come Torino. Ha lavorato con tante personalità politiche italiane, come l’ex presidente dell’Assemblea parlamentare Michele Nicoletti, il presidente della Commissione Affari politici e Presidente della commissione dei Diritti dell’uomo del Senato Pietro Marcenaro (Torino), il vice Presidente della commissione Affari politici e presidente della commissione degli Affari esteri della Camera Piero Fassino e la vice-presidente della delegazione italiana all'assemblea parlamentare Deborah Bergamini.
Despina è impegnata al Consiglio d’Europa dal 1993, guidando, a turno, le Commissioni Monitoraggio e Affari politici. Il suo esordio avvenne nella Commissione europea dei diritti dell’uomo. Questa settimana è stata eletta all'assemblea parlamentare come segretaria generale, con 240 voti su 300, e lei precisa: «Oltre al risultato, è importante la partecipazione in questo contesto, afflitto anche dalla pandemia. Con tutti i problemi che sappiamo, i parlamentari si interessano, votano, si mobilitano. Devo ringraziare tutti e sì, gli amici italiani, tutta la delegazione che è stata al mio fianco».
Il risultato e la dedica
La sua vittoria ha trasmesso un grande entusiasmo, ma la signora Chatzivassiliou vede questo come un punto di partenza, non d’arrivo: «Una grandissima sfida. Questo mi dà infatti una grande responsabilità. Ci tengo molto a fare chiarezza e diffondere il valore del Consiglio d’Europa, che si occupa della democrazia, dello Stato di diritto, e non ha interessi economici, né di difesa. È questo che farò, non devo certo sostituire i politici, ma assisterli in questo compito». Un lavoro accurato sul rispetto dei diritti umani, che passa anche dal monitoraggio costante.
A chi va la dedica per questa nomina? «Dedicherei questo risultato - risponde la nuova segretaria generale – a tutte le donne che hanno creduto in me e mi hanno sostenuto tantissimo. Di diverse nazionalità, gruppi politici, sì, hanno combattuto per me. Ma anche tanti uomini».
Quando è emersa la possibilità di candidarsi a questo ruolo, Despina Chatzivassiliou si è subito confrontata con la famiglia. Con il marito Spyros e i figli Ilia e Charles: «Ho parlato con loro, perché io ho accettato di candidarmi, non per ambizione o realizzazione personale, ma per poter cambiare qualcosa». Con tutto ciò che significa, perché già il lavoro era stato molto impegnativo: «Ma adesso è un investimento enorme, per i prossimi cinque anni non ci saranno vacanze, sarò sempre con il telefono in mano… e loro non solo erano disposti ad affrontare questo sacrificio, ma mi hanno assistita e sostenuta».
Una famiglia senza confini
Questa è anche una storia di famiglia dunque, una famiglia grandissima, perché si ricollega ad Atene e ai genitori Giordano e Licia, ma poi via via in Italia. La signora Chatzivassiliou ha frequentato la scuola secondaria italiana in Atene: «Mio padre aveva tanti colleghi e amici del vostro Paese, che venivano a trovarlo e io da bambina piangevo perché non capivo quando parlavano. Allora mi ha iscritta lì. Poi sono andata a Busto Arsizio, dove lui aveva studiato e lavorato, anzi è la sua seconda patria (LEGGI LA LETTERA DI SUO PADRE). Ho trascorso molto tempo con i suoi amici Alberto e Giovanna Chierichetti… Ecco, io ho imparato la lingua a scuola, ma è stata questa donna a trasmettermi tutta la profondità della cultura italiana, l’amore per la musica».
Laureata in Giurisprudenza e avvocato, Despina coltiva infatti anche la passione per le note ed è insegnante di chitarra classica. Lei si ricorda quelle estati in Piemonte, all’Alpino, «con i dischi di Giovanna e poi imparavo le canzoni italiane, che canto ancora ai miei figli».
Una è “Il mondo”, che suona un po’ profetico, perché Despina poi è diventata una donna impegnata proprio per il mondo, che ha conosciuto prima all’Istituto universitario europeo di Firenze, dove arrivavano giovani da tutti i continenti. Qui ha svolto la tesi di dottorato su “La privazione della libertà prima della sentenza secondo la Convenzione europea dei diritti umani: analisi critica della giurisprudenza di Strasburgo”, sotto la supervisione anche del professor Antonio Cassese, ex presidente del Comitato per la prevenzione della tortura e del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia.
Senza barriere, senza distinzioni. Molto impegnata anche sul fronte delle conseguenze della pandemia: «Il Consiglio d’Europa ha vegliato sulla situazione e realizzato anche rapporti su temi come l’uguaglianza di genere, i diritti dei ragazzi e la violenza domestica, purtroppo aumentata in questo contesto».
«Ragazzi, riprenderete a viaggiare»
Si insinua un altro cruccio: «Io ho potuto vivere scambi preziosi di esperienze, da ragazza. Mi ricordo che alla scuola d’Atene venne anche il presidente Sandro Pertini e mi chiamarono perché lui doveva incontrare gli studenti italiani, ma volevano presentargli anche me, greca. Mi avvicinai con un fiore, lui mi strinse la mano… sono esperienze indimenticabili e so quanto possano mancare ai giovani. Ecco, questo auguro loro: di poter presto viaggiare così, è una tragedia quello che stanno perdendo ora».
Poi torna a promettere: «Mi hanno invitato in Italia, a partire dalla “mia” Busto? Ci vengo, sicuro, appena è possibile. Quattro anni fa ci ero stata quando premiarono papà in Comune. Una storia bellissima, di amicizia, “philia” diciamo in greco, che viene trasmessa poi di generazione in generazione». E tra i popoli, sempre più, è la speranza: è il lavoro che lei continuerà a portare avanti con tutte le sue forze e tutta la sua preparazione.