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Ieri... oggi, è già domani | 21 novembre 2025, 06:20

“Risi, zuca e laci” - Riso, zucca e latte

L'invito a pranzo di Maria è sintomatico: mio padre, Giusepèn, a pranzo vuole riso, zucca e latte... sei invitato. Accetto con piacere e per benevolenza. Come si fa a resistere a un “piatto Bustocco” di questa portata?

“Risi, zuca e laci” - Riso, zucca e latte

L'invito a pranzo di Maria è sintomatico: "ul me po' a disnò, al voei risi zuca e laci, vegn chi anca ti" (mio padre - Giusepèn - a pranzo vuole riso zucca e latte - risizucaelaci - sei invitato) - accetto con piacere e per benevolenza. Come si fa a resistere a un "piatto-Bustocco" di questa portata? Fatto è che io, in fatto di cucina sono al livello "mi piace" o "non mi piace", con l'aggravante che, per me, l'arte culinaria è un autentico tabù - scherzosamente, un giorno, ho risposto alla domanda "qual è il piatto che sai cucinare e che ti viene meglio?" ho risposto: "il caffelatte" sia per dire qual è il "piatto" che so cucinare sia per dire a "quel che ti viene meglio".

A pranzo Giusepèn, non si ferma alla degustazione di quanto Maria ha cucinato con passione e competenza, ma rievoca un detto che si diceva in occasione della degustazione del "risizucaelaci" parola unica in Dialetto Bustocco da strada che ha quale significato "riso zucca latte" - eccolo per intero: "risizucaelaci, a buca l'à fò'n bel faciu" (riso zucca e latte, la bocca fa un buon affare) - già il "bel", a Busto, non si riferisce alla bellezza fisica o alla bellezza di un oggetto - "bel" significa buono, se si tratta di un cibo da gustare oppure buono quando è un affare o qualcosa di molto gradevole.

Quindi, nel significato intero, si dice che !a mangiare riso zucca e latte, la bocca fa un grande affare e l'aspetto economico, non c'entra per nulla - gli esteti dell'arte culinaria, prendano visione dal libro del Magistero dei Bruscitti che contempla, nella Cucina Bustocca, anche il RISIZUCAELACI.

Giusepèn, sembra aspettarmi al varco... comincia col "t'e se racordi candu a prima semona, cunt'ul risizucaeloci t'à le fei grosa?" (ti ricordi quando alla prima settimana di Scuola Elementare, l'hai combinata grande?) - più che a un invito a chiarire al Lettore quanto è successo allora, Giusepèn ci gode a rievocare l'accadimento. Quindi, eseguo.

A Scuola, appunto Prima Elementare, quindi ero un "remigino" (il primo di ottobre è San Remigio e, la Scuola cominciava proprio col primo di ottobre) e la signorina Maria Mia Vandoni, nostra Maestra, stava spiegando in classe - nel bel mezzo del suo eloquio, alzo la mano che voleva significare "posso uscire dalla classe?" e, si sa che di motivi ce ne cono... uno, oppure due o al massimo tre. O hai dimenticato il fazzoletto nel paletòt, oppure hai lasciato appeso all'attaccapanni un libro che potesse servire in classe... o hai bisogno di andare in bagno - la Maestra acconsente, col capo, senza fermarsi nella spiegazione ed io esco da classe, azionando per bene la porta, senza farla sbattere - fuori dall'aula ho un attimo di respiro e... ritorno in classe - non mi andava di usufruire del bagno comune, anche se, a casa mia, ci si serviva della latrina in comune, utilizzata da tre famiglie: quella di zio Andrea (5 persone), zio Antonio (4 persone) e la mia (4 persone) per un totale di 13 persone-utenti e fruitori della latrina, dislocata nei pressi del giardino, al riparo della vista pubblica, circondata da piante, fiori e arbusti.

In classe ci sto, cinque o quattro minuti e alzo la mano un'altra volta - Maria Pia, acconsente, senza chiedermi spiegazioni ed io riesco dall'aula con un mal di pancia (mica male) - mi muovo un po', ma non riesco a usufruire del water a disposizione... da me si usava la "turca" che (in poche parole) è un buco nel terreno, circondato da una sequela di mattoni sopra una piattaforma di cemento - rientro in classe... mi scivola un po' la porta, producendo uno stridio malevolo e, senza tornare al mio banco, ritorno sui miei passi.

E' a questo punto che succede il "dramma" - non mi capacito di quanto sta succedendo, ma "me la faccio addosso" (deliberatamente non ho voluto usare il Dialetto, anche se, allora, quella frase "me la faccio addosso" non la conoscevo - nel dramma, m'è venuta un'unica soluzione... scappare via e raggiungere casa, per lavarmi e per cambiarmi, si capisce - mi accoglie Zappi (zia Giuseppina, la mia balia - mamma, allora lavorava quale Tessitrice. Zappi stava preparando la "brenta" (grosso mastello di legno) per il bucato (non c'era la lavatrice e le donne usavano "brenta", "saon" (sapone) e "oli da gomitu" (olio di gomito, cioè fregonare il bucato). - Zappi mi vede, ha già il coraggio addosso e, senza profferir parola, mi toglie gli abiti da dosso - mi fa entrare nel mastello, metà pieno d'acqua calda e mi... aiuta a lavarmi. 

Confesso che io avevo ribrezzo sul da farsi, ma Zappi, con le sue mani ruvide, mi ha tolto lo sporco da dosso - nel contempo, si avverte un certo baccano e Zappi dice "sa ghè?" (cosa c'è?) e appaiono, Maestra e Bidello con per mano la bicicletta - Zappi dice "mi fèi a gni chi?" (come avete fatto a trovarci subito?) e la Maestra, laconica e con la voce buona "abbiamo seguito le tracce" - morale, Zappi mi lava a puntino, con tanto di profumo, poi - mi mette i pantaloni di mio cugino Pasquale (di sei anni più grande di me) e mi accompagna a Scuola - ve lo potete immaginare, quando s'è aperta la porta dell'aula? un coro, a squarcia gola, quasi cantava "hai caccato addosso" con una litania ossessiva - al quinto "hai caccato addosso"), Zappi ha preso posizione, zittendo l'intera classe "e voioltar i mai può a cagossi in di culzòn?" (voi altri, avete mai provato a farla nei pantaloni?) - sono seguiti parole di commiato, ma nessuno più ha evocato l'avvenimento. 

L'ha fatto Giusepèn e sapete perché? ha detto a Maria - che tutto quanto è successo è dipeso dal fatto che, la sera precedente, avevo gustato "risizucaelaci" preparato dalla zia e me ne aveva portato due piatti. Il risultato, si era verificato il giorno dopo... senza disinfestazione!

Gianluigi Marcora

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