Elia Del Grande, l'uomo allontanatosi dalla comunità di recupero del Modenese dove era stato destinato dal giudice, parla attraverso un post sul proprio profilo Facebook appena riaperto, secondo quanto riporta il Resto del Carlino, spiegando quelle che per lui sono le ragioni del suo allontanamento a causa del quale sono in corso attualmente ricerche nel Varesotto e in Sardegna.
L'uomo, 49 anni, è stato condannato prima all’ergastolo, pena poi ridotta a 30 anni, per aver ucciso padre, madre e fratello nella "strage dei fornai" del 7 gennaio 1998 a Cadrezzate, ha così rotto il silenzio dopo giorni di mistero sulla sua sorte.
In un post sopra al quale campeggia anche la foto di un lago che richiama la sua terra di origine (si tratta del lago di Monate; sono anche visibili sul profilo una frase - "Mai ipotecare il futuro" - e una foto con un tatuaggio, una farfalla, sul basso ventre), citando l'articolo 216 del codice penale ("L'esecuzione in colonia agricola o casa di lavoro è una misura di sicurezza non detentiva - art. 216 c.p. - che prevede il lavoro come strumento di rieducazione e reinserimento sociale del reo. La durata minima è di un anno, di due per i delinquenti abituali, di tre per i professionali, di quattro per i delinquenti per tendenza") ha spiegato con queste parole ciò che lo ha spinto a fuggire dalla struttura alla quale era stato destinato.
Ecco il testo integrale del post di Elia Del Grande riportato dal Resto del Carlino.
«Purtroppo è tutto il contrario di quanto scritto, le persone così dichiarate internate, hanno solo opportunità di essere ammassate in cella e normali uguali e con lo stesso regime del carcere ordinario, con la differenza che non si è né detenuti né liberi quindi suscettibili alle decisioni dei magistrati di sorveglianza che spesso e volentieri optano ad una proroga della misura stessa senza badare quanto prima è stato fatto nel percorso del tuo riferimento, senza tener conto di ogni avvenimento positivo accaduto durante il percorso, è solamente di riportarti indietro con l'ulteriore aggravante della pericolosità sociale, nonostante quest'ultima, a soli pochi giorni precedenti, non esisteva. Casa lavoro oggi un recipiente per persone che non possono stare né dentro né fuori, la maggior parte di essi costretti a permanere in quei posti per la non disponibilità di letti nelle rems, orientandosi dunque su un discorso terapeutico e non lavorativo. Chi, dopo oltre due anni e mezzo di vita normale al di fuori, non tenterebbe di scappare da una decisione che altro non è il farti sentire nuovamente una persona sbagliata, scorretta ma soprattutto fuori luogo».
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