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Busto Arsizio | 18 maggio 2025, 12:34

Prima si scusa, poi gli sferra un pugno in faccia: carcerato manda all'ospedale un agente della casa circondariale di Busto

Il responsabile è un detenuto psichiatrico, bloccato da due colleghi della vittima, un assistente capo. Il Sindacato Autonomo di Polizia penitenziaria: «È questo che succede con le carceri serbatoio, in cui si rinchiudono persone che devono essere curate. Il disagio mentale è stato spostato dagli ospedali psichiatrici alle carceri». La richiesta in attesa di una riforma dell'esecuzione della pena: taser e body-cam

La casa circondariale di Busto

La casa circondariale di Busto

Violenta aggressione nella Casa circondariale di Busto Arsizio ad un poliziotto penitenziario in servizio: responsabile un detenuto psichiatrico. Lo denuncia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. Un detenuto di origine italiana, psichiatrico, doveva andare in doccia e, come da disposizione di servizio, il poliziotto, assistente capo di provata esperienza, ha chiamato a supporto altri due colleghi. Spiega Alfonso Greco, segretario per la Lombardia del Sappe: «All'atto dell'apertura della cella, il detenuto proferiva testuali parole: mi dispiace che sei capitato tu, ma devo farlo. E gli ha tirato un cazzotto in pieno volto, tanto da far cadere il collega per terra. Si è evitato il peggio solo perché gli altri due Agenti sono riusciti a bloccarlo. Il collega successivamente è stato accompagnato in ospedale. Queste sono le conseguenze delle carceri serbatoio dove si rinchiudono le persone che ancora prima di espiare una pena avrebbero bisogno di cure appropriate che sicuramente l’Amministrazione Penitenziaria non può garantire». 

Donato Capece, segretario generale del Sindacato, ricorda che «…il SAPPE da decenni chiede l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene ma anche la riapertura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinari. Il disagio mentale, dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, è stato riversato nelle carceri, dove non ci sono persone preparate per gestire queste problematiche, mancano strutture adeguate e protocolli operativi. La Polizia Penitenziaria non ce la fa più a gestire questa situazione e nei prossimi giorni valuterà se indire lo stato di agitazione. L’effetto che produce la presenza di soggetti psichiatrici è causa di una serie di eventi critici che inficiano la sicurezza dell’istituto oltre all’incolumità del poliziotto penitenziario. Queste sono anche le conseguenze di una politica miope ed improvvisata, che ha chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari senza trovare una valida soluzione su dove mettere chi li affollava. Gli OPG devono riaprire, meglio strutturati e meglio organizzati, ma devono di nuovo essere operativi per contenere questa fascia particolare di detenuti». 

Il leader nazionale del SAPPE torna a sollecitare più tecnologia e più investimenti per il sistema carcere: «La situazione resta allarmante, anche se gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria garantiscono ordine e sicurezza pur a fronte di condizioni di lavoro particolarmente stressanti e gravose. I decreti svuota-carceri, che più di qualcuno continua ad invocare ad ogni piè sospinto, da soli non servono: serve una riforma strutturale dell’esecuzione, serve il taser per potersi difendere dai detenuti violenti e la dotazione di body-cam. Quel che servono sono fatti concreti, delle dichiarazioni di intenti i poliziotti penitenziari, che in carcere lavorano nella prima linea delle sezioni detentive h24, non sanno che farsene».

C.S.

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