Busto Arsizio si risveglia sotto shock dopo la brutale aggressione ai danni di una ragazza di 14 anni, avvenuta in un’area dismessa nei pressi della stazione Nord. Un incontro con un uomo conosciuto sui social si è trasformato in un incubo: la giovane è stata picchiata, costretta a bere, e poi violentata. Un fatto di cronaca che riaccende in modo drammatico i riflettori sul tema della sicurezza digitale e sulla vulnerabilità dei minori nell’era dei social network.
Ma come si può prevenire? Come si possono educare i ragazzi – e anche i genitori – a vivere la rete in modo consapevole?
Lo abbiamo chiesto a due voci esperte del territorio: la psicologa Beatrice Macchi e l’assessore all’istruzione e docente Chiara Colombo.
Beatrice Macchi: «Serve educazione al rischio e al rispetto»
«I social sono una finestra sul mondo, ma anche una porta aperta al pericolo, se usati senza consapevolezza – spiega Macchi –. I ragazzi devono sapere che condividere informazioni personali, foto intime o dati sensibili con sconosciuti è estremamente rischioso. Dietro uno schermo può esserci chiunque, e l’identità digitale è spesso solo una maschera».
La psicologa insiste sul ruolo attivo delle famiglie: «I genitori devono avere un controllo maggiore sui dispositivi e sul tempo trascorso online. Non si tratta solo di vietare, ma di affiancare. Serve una cultura del dialogo e della prevenzione. Se un ragazzo si sente sicuro nel condividere foto intime, deve sapere che quelle immagini possono restare in rete per sempre. E che la loro diffusione è un reato».
Macchi sottolinea anche la necessità di educare all’autoprotezione offline: «Uscire da soli con una persona conosciuta online, soprattutto in luoghi isolati, è un comportamento che espone a gravi rischi. La scuola deve fare la sua parte: servono percorsi per insegnare ai ragazzi a costruire relazioni sane, nel rispetto dell’altro e nella consapevolezza di sé. Parità di genere, educazione affettiva e uso critico dei social devono essere temi centrali».
Chiara Colombo: «I ragazzi sono soli. Il dialogo è l’unico ponte»
«Oggi più che mai, i ragazzi hanno bisogno di adulti che li ascoltino e li accompagnino – dice Chiara Colombo –. Dopo questo episodio ho preso contatti con Adriana Battaglia, referente del Miur nella lotta al cyberbullismo, per organizzare un incontro con genitori e studenti. Dobbiamo creare spazi di dialogo veri».
Colombo punta il dito sulla solitudine dei giovani: «I ragazzi comunicano sempre più spesso solo attraverso lo smartphone. Il Covid ha amplificato l’isolamento e ora si confrontano con scenari globali difficili, tra guerre e incertezze. I social, in molti casi, sono diventati la loro unica realtà».
Secondo l’assessore, è fondamentale che i genitori “entrino nel mondo digitale dei figli”: «Serve sintonia. I nostri ragazzi sono nativi digitali, ma questo non li rende immuni dai pericoli. Spesso dietro lo schermo cercano conforto, ma finiscono per incontrare l’inganno. Quello che è successo a questa ragazza è una ferita profonda, su più piani: psicologico, morale, esistenziale».
Colombo chiude con un appello: «Scuola, famiglia e istituzioni devono unirsi per ricostruire un contesto umano, fatto di presenza, ascolto e relazioni vere. Solo così possiamo dare ai nostri giovani gli strumenti per proteggersi, capire e scegliere».