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Storie | 28 aprile 2023, 16:53

«Vent’anni fa mi hanno donato un rene: da allora il mio sguardo è proiettato verso il futuro»

Fabrizio Saporiti, 67 anni, attore di Busto Arsizio, oggi festeggia i quattro lustri da quando una giovane donna, donandogli un rene, gli ha cambiato la vita. «Mi sento ottimista, non mi spavento davanti alle difficoltà, adoro i miei figli che mi danno tantissime soddisfazioni»

Fabrizio Saporiti

Fabrizio Saporiti

Fabrizio Saporiti ama definirsi l’uomo nato due volte. Sì perché accanto alla data di nascita ne festeggia un’altra: quando gli hanno donato un rene che gli ha permesso di vivere felice accanto ai suoi figli ormai adolescenti, di proiettare lo sguardo verso un futuro sereno, di vedere le cose sempre con entusiasmo, di non spaventarsi davanti ai problemi e alle difficoltà. Insomma una nuova vita, quella di un ventenne che ha tanta voglia di vivere, di continuare a fare l’attore, di raccontare quello che gli è successo.

Vent'anni fa

Il merito è tutto di una donna che esattamente il 28 aprile 2003 gli ha donato un rene. Si tratta di una giovane donna morta dopo sei mesi di coma per un incidente stradale. Lui non conosce nulla di lei, la legge del 1° aprile 1999 lo vieta, ma si è costruito un’immagine tutta sua: «Secondo me – racconta - non aveva più di 27 anni e si chiamava Emanuela. La ricordo sempre quando racconto la mia storia».

Già perché Fabrizio Saporiti, 68 anni il prossimo 28 agosto, la sua storia ci tiene a raccontarla: non ha vergogna e non teme la malattia. Quella brutta storia ha aperto una pagina nuova nel libro della sua vita, una pagina carica di ottimismo, di gioia di vivere, di felicità. Ed è quello che vuole comunicare agli studenti quando viene invitato nelle scuole a raccontare quello che gli è successo.

La sua odissea ha inizio ventun anni fa. «Ero in macchina verso Milano – racconta - quando all’improvviso ho percepito una strana sensazione: mi sembrava che la strada “si muovesse”. Dopo qualche giorno avevo giramenti di testa: ho pensato a qualche problema neurologico e sono andato al Pronto soccorso: pressione, prova del sangue. Mezz’ora dopo si presenta il medico: ricovero immediato». Il verdetto non concede scampo: «Valori sballatissimi del sangue – prosegue -Praticamente avevo il sangue avvelenato con fosforo, azoto e potassio. Il problema erano i reni: uno già da tempo non funzionava più, l’altro doveva sopperire al lavoro di quello fuori uso, ma a un certo punto non ha retto più. Subito i medici sono ricorsi a una terapia per il lavaggio del sangue e dopo quindici giorni ho iniziato la prima dialisi. Me ne hanno fatte 335, un giorno sì e uno no ero in ospedale per la depurazione del sangue».

Dopo due anni e tre mesi di dialisi, ecco giungere la telefonata tanto agognata, il rene era stato trovato. «L’intervento è stato realizzato al Policlinico di Milano da un’equipe di 18 medici – continua Fabrizio Saporiti - le dimissioni sono arrivate dopo quindici giorni, ma i rischi di rigetto erano sempre in agguato. Ho avuto tre crisi, e anche oggi assumo nove farmaci quotidianamente. Comunque quando parlo della mia esperienza, mi considero un uomo terribilmente fortunato: non sono morto durante l’operazione, il rene trapiantato ha iniziato a funzionare subito, dopo nemmeno un giorno e ora sono felice con i miei figli: amo da impazzire questa vita. Sono un ottimista».

Una festa e un impegno

E ha manifestato la sua gioia sui social dove ha ricevuto tanti auguri dai suoi amici. Con alcuni di loro festeggerà giovedì prossimo all’Osteria degli artisti. «Sarà una serata di racconti – assicura – insieme a una buona birra».

Fabrizio Saporiti è un attore che non vuole dimenticare quanto gli è successo e il prossimo 21 maggio sarà ospite nella sala conferenze dell’ospedale di circolo di Varese (ore 16) in occasione della premiazione degli studenti del liceo artistico di Varese che hanno realizzato dipinti sul tema del dono, un concorso voluto dai familiari di una giovane donna scomparsa e che ha donato gli organi. Un’altra chance per raccontare la sua storia. «Farò una performance – conclude – in cui accosterò i dipinti di Giotto della cappella degli Scrovegni con il corpo umano. Altri spettacoli? Sto preparando un lavoro sul discorso della montagna, sviluppato sfruttando il cambiamento del tono di voce per evidenziare così la potenza narrativa delle Beatitudini. Vorrei portarlo in scena a Sacconago in settembre, magari in Chiesa vecchia».

Laura Vignati

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