«Ciao mammina, sei stata una grande donna, determinata, severa. Hai sorriso fino all’ultimo, fino all’ultimo hai stretto la nostra mano e ci hai infuso forza. Tocca a noi continuare seguendo i tuoi insegnamenti. Ti ricorderemo sempre splendente e con la voglia di vivere. Ti assicuriamo che noi ci stringeremo e troveremo la forza che tu ci hai insegnato». È l’ultima dei quattro figli di Antonella Iasilli, 49 anni, che ha trovato la forza al termine della cerimonia funebre della mamma di leggere una letterina che ha voluto scrivere per la sua mamma, quella donna piena di vita, entusiasta, che insegnava non solo ai figli ad affrontare la vita con coraggio, ma anche ai colleghi, agli amici, a tutti quelli che le stavano attorno. Anche negli ultimi giorni quando la malattia l’aveva distrutta, lei ha sempre trovato la forza per dire agli altri di godere ogni momento della vita, di avere fiducia nella vita e nella bellezza, di asciugare le lacrime se le si voleva bene, che lei si sarebbe semplicemente spostata nella stanza accanto e che sarebbe stata presente, anche se non con gli occhi.
La figlioletta, 10 anni, con la sua lettera ha toccato il cuore di tutti i presenti che straripavano dalla chiesa dei santi Bernardo e Giuseppe e anche sul sagrato e persino sulla piazza di Rescaldina. Nessuno è riuscito a trattenere le lacrime, anche se la messa ha avuto tutti i connotati della festa: i canti erano quelli della domenica, il giorno della festa, i compagni di classe dei figli che affollavano le ali della chiesa accompagnavano i canti talora battendo le mani, in segno di festa, l’omelia di don Giovanni Sala è stata all’insegna della speranza e della gioia. Perché è questo che voleva Antonella Iasilli. «Desiderava che il cuore dei presenti non fosse turbato, dolorante e triste – ha ricordato il sacerdote – bensì un cuore pieno di fede, più grande e lanciato verso il futuro. “Anto” ce l’ha ricordato ogni giorno della sua vita. Ci diceva che c’è una via, una verità che spesso non vediamo, ma che dà un senso a tutto. Anto, tu hai creato un movimento, hai trasformato la tua malattia in un viaggio umano straordinario. Hai scoperto quanto è profonda l’umanità, che la vita è meravigliosa. Hai sognato laddove non era possibile. Sei diventata una strada per la quale tanti si sono messi in moto. Il tuo viaggio non è finito: forse continuerai a scomodarci con i tuoi insegnamenti».
E ancora: «Hai creato relazioni, incontri. Non mi hai mai parlato della tua malattia, ma dei tuoi figli, della tua famiglia, degli altri. Non lasci un vuoto, ma una pienezza: hai creato legami che non c’erano. Hai creduto nella vita. La vita è una “figata”, dicevi. Hai creato la ricetta della felicità, dell’entusiasmo, hai operato dando tutta te stessa, mostrando una forza capace di abbattere ogni ostacolo. Hai creato entusiasmo, comunità».
Parole di fede dunque, di gioia. Belle anche le parole di amici e colleghi della Polizia che al termine della funzione si sono alternati al microfono per gridare quanto fosse bella quella donna con cui hanno lavorato trent’anni e che sarà sempre con loro. «Sei stata una persona fantastica, ci hai coinvolto con il tuo sorriso contagioso, sapevi rendere facili le cose difficili, ma soprattutto ci hai insegnato a godere ogni attimo di vita. Hai lottato fino alla fine, non ti sei mai fatta travolgere, hai travolto gli altri con la tua voglia di vivere. Sei stata attaccata al tuo dovere fino alla fine, innamorata della divisa, tenace e con un forte senso del dovere. La tua presenza costante fino all’ultimo, la tua vitalità, il tuo sorriso ed entusiasmo non ce lo dimenticheremo mai. Se stata la nostra stella, ci hai sostenuto con la tua professionalità e intelligenza, donandoci vigore e solarità. Vogliamo solo applaudire e inneggiare a una donna straordinaria».
Poi, un pensiero al marito e ai figli: «Sarete fortissimi se seguite l’esempio della mamma. E noi saremo sempre al vostro fianco, non sarete mai soli».
A officiare la funzione liturgica anche il parroco don Enrico Vertemati, la cantoria. Accanto al marito e ai figli che per tutta la cerimonia si sono stretti gli uni agli altri, anche il sindaco Jill Ielo, rappresentanti della Polizia di Stato e di frontiera, i colleghi della Polaria di Malpensa, i compagni di classe dei figli.
Commovente il picchetto di rappresentanza che ha voluto dare l’ultimo saluto ad Antonella: gli ordini, l’attesa del feretro, gli applausi, le sirene, la registrazione del mob con il rapper al Parco di Rugareto che il vicequestore della Polizia avrebbe voluto trasformare da luogo di droga a vita, il lancio dei palloncini bianchi, ancora applausi, il corteo al cimitero. Tanta commozione, tanto dolore ma l’imperativo era quello di mettere in pratica gli insegnamenti di Antonella: continuare a essere felici, a godere la vita che merita di essere vissuta. Nonostante tutto.
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