Mi ha fatto specie il discorso di Giusepèn sui "càaoegi" (le libellule). Leggo sul Vocabolario (lo Zingarelli) che si tratta di "un insetto appartenente all'Ordine degli Odonati, acquatico allo stato larvale; terrestre in quello adulto, con quattro ali, generalmente uguali, trasparenti a venature reticolati - simbolo di agilità, leggerezza e grazia nei movimenti".
Nel Dialetto Bustocco "da strada" come l'ho definito del mio libro "ul Giusepèn", i càaoegi, hanno un significato quasi brutto... "cava occhi" per dire che la libellula, agile e vezzosa è capace di tutto, specialmente di colpire con immensa velocità a accalappiare la preda in pochissimi istanti. Dico, a questo punto, a Giusepèn di avere assistito e ben visionato una trasmissione recentissima di Focus in TV proprio in merito alla libellule.
Giusepèn ha voluto approfondire. Ed ecco cos'è scaturito. La libellula è uno dei "predatori" per eccellenza. Più di uno squalo, più di una belva! sic. E Focus spiega il motivo. La libellula non ha altre "armi" se non la velocità d'intervento. La libellula punta la preda (mosche, grilli e insetti vari) e, con le sue ali trasparenti, determina sia la posizione in cui giace la preda, sia il tempo necessario per accalappiarla. Giusepèn ascolta con molto interesse. Al momento giusto, la libellula sferra il suo invincibile attacco e cattura la preda che non ha possibilità di fuga. Che divora in pochi istanti e che assicura, per la libellula, il sostentamento.
"Penseu che ul càaoegi al mangea i muschi, ma non ul restu" (pensavo che la libellula mangiasse le mosche, ma non il resto) e meno che meno che fosse un predatore. Focus l'ha definita così e i casi illustrati ne offrono spiegazione. Addirittura, il filmato mostra la cattura di un grillo e la paragona alla "trappola" degli arachidi (ragni) nelle analoghe circostanze. Qui, si entra in un altro campo: il ragno tesse la tela, ha otto occhi (sic) e possiede una velocità minore, anche se notevole, rispetto alla libellula. Di differente, ci sono altri fattori: la tempestività d'intervento che segue a una meticolosa predisposizione.
Detto ciò, Giusepèn sposta il discorso sulla "agilità della libellula" e sulla "leggerezza" dello stesso insetto. E paragona i movimenti sulla vita naturale delle persone. La "libellula" che piace a Giusepèn è la figura graziosa e aggraziata della fanciulla. Nessuna malizia, ma la grazia con cui una "tusa" (ragazza) si muove, fa sognare chi analizza i suoi movimenti a cui fanno seguito tutte le fattezze femminili che in un uomo non si riscontrano.
Poi, Giusepèn va ad analizzare vecchi schemi di comportamento e sconfina nella frivolezza della libellula che si tuffa nella sua speciale funzione: cavare gli occhi. Eccolo il significato a cui credere sul nomignolo appioppato a un insetto, apparentemente innocuo, di cui s'è scoperto l'epiteto di... predatore. Anche Giusepèn si stupisce e fa di... conto. Il "càaoegi" fa il sornione, lo gnorri, poi attacca. E colpisce sicuro. Ne nasce una chiacchierata che termina con un verdetto di... intelligenza. Lo dico in una frase: "se il maschio vuole e la femmina NON vuole... non si fa - se il maschio NON vuole, ma la femmina vuole... si fa". Come accade nel mondo animale: è la femmina che decide. E' la femmina che stabilisce l'ordine dell'azione.
Quel "cavaocchi" è crudele e velleitario, ma è pure un ordine di vita a cui prestare la dovuta attenzione. Giusepèn "rispolvera" un vecchio detto, utilizzato abbastanza, ma che per troppo tempo, non lo si è utilizzato: "l'e ùa da bèi ul Nocino"... (è ora di bere il Nocino).
Poi... "ghe chi'l Natòl" (è qui il Natale).