Attacca subito, Giusepèn appena mi vede. Sprizza gioia da tutti i pori. E' contento. Mi fa piacere. "u a diti tri pruèrbi" (devo dirti tre proverbi) "non tuci da Busti" (non tutti di Busto Arsizio) precisa. Ascolto. Anche per ammirare la lucidità di Giusepèn che spazia dalla ....leggenda alla storia con disinvoltura.
"Par cugnussi 'n piemuntès gha oei un an e 'n mès" (per conoscere un piemontese, occorrono un anno e un mese) - Giuseppino aggiunge "poeu a tal disu'l parchè" (poi te lo racconto, il motivo).
"i piasentei in tut ladar e assassèin" (i piacentini sotto tutti ladri e assassini) e qui Giuseppino ride a crepapelle. Ammette subito "mal'àn dì.... a cugnussu non chi da Piacenza" (me l'hanno detto. Non conosco quelli di Piacenza). Però aggiunge Giusepèn "mei stà ai primm dagn" (meglio stare ai primi danni - vale a dire....un pizzico di circospezione è meglio averla).
Segue tutto un ragionamento sui "malamenti" (persone inaffidabili) che circolano per le case (anche da noi), nel tentativo di abbindolare le persone. Giuseppino aggrotta le ciglia, prende in mano una zappa che tiene presso ...."dil non" (non dirlo, non svelarlo il luogo dove tengo la zappa) e aggiunge "a ga dò 'na sapòa ca ga verdu'l co" (gli appioppo una zappata che gli apro la testa). Io vedo la mimica a Giuseppino ....il viso dallo sguardo truce, il pugno che si rinserra, i muscoli (ormai esili) che si tendono.
"Ga lu di a me tousa, a me Maria da verdi a nisogn e ...chi ga bisogn al ma telefuna o al ma fò ciamò" (gliel'ho detto a mia figlia, alla mia Maria di aprire a nessuno e ....chi ha bisogno di me, mi telefona o mi convoca)....bello quel "fò ciamò" che letteralmente è "mi fa chiamare", ma qui è utilizzato per "convocare" ed è rispettoso nei confronti dell'Autorità e dell'Ente preposto.
Riprende a sorridere, Giuseppino. Freme per recitarmi il terzo proverbio. Io lo invito a farlo. E lui prende la palla al balzo "chi ga oelta'l cù a Milàn al ga oelta'l cù al pàn" (chi volta le spalle a Milano volta le spalle al pane). Proverbio che è tutto un programma. Milano è l'emblema del lavoro e Busto lo è, sia pure nelle giuste proporzioni rispetto al "centro italiano del lavoro. Quindi, voltare le spalle a Milano vuole dire "non lavorare" e a non lavorare, non si guadagna e a non guadagnare non si può acquistare il pane che è l'emblema del cibo, della nutrizione, della vita.
Dove sei andato a "ciapài, a catài" (a prenderli, a conoscere, a coglierli) questi "pruèrbi" (proverbi) e Giuseppino quasi lapalissiano "cunt'i àn te egni a cumprendi tanti robi" (cogli anni vieni a conoscere, a comprendere, tante cose) e non svela la fonte del suo sapere che è frutto di tanta esperienza e dei "sentito dire".
Poi si parla d'altro; dalla primavera che avanza, dei prati che si destano, dei fiori che mostrano le corolle..... anche degli animali da cortile che Maria accudisce, poi segue il "rituale" del Nocino e ne approfitto per dire a Giuseppino "mò t'a disu mèn 'n pruèrbi teròn" (ora ti racconto io un proverbio del Meridione) e Giuseppino si fa attento e sentenza "porla" (parla). E io lo faccio, mostrando a Giuseppino la mano sinistra aperta, col palmo rivolto verso il basso e l''indice della mano destra che si appoggia sotto il palmo della mano sinistra. Contemporaneamente dico guardando Giuseppino "ca sutta non chiove" (qua sotto, non piove) per ribadire che un uomo integerrimo tal è Giusepèn è veritiero e sempre pronto a difendere le cause nobili e il fatto che "li sotto non piove" catechizza che non c'è bisogno per vivere onestamente, di fare del male agli altri.
Quando arriva l'ora dell'arrivederci, Giuseppino mi accompagna sull'uscio di casa. Aspetta che io salga in vettura, che faccio manovra verso l'uscita, che abbassi il finestrino e con la mano accompagnata da un sorriso, saluti a mia volta, incrociando il suo sorriso. "ciau Giusepènm in gamba eh" (ciao Giuseppino, in gamba eh - stai in salute, mi raccomando).