Sport | 24 giugno 2025, 16:40

Il grido della Curva per il custode dello “Speroni”. E Peppino: «Grazie ragazzi, sono 33 anni che apro e chiudo questo cancello»

Dopo 33 anni, Giuseppe Calderaro rischia di dover lasciare l’abitazione all’interno dello stadio. Il contratto è scaduto a giugno e, secondo quanto emerso, lo storico custode dello Speroni non avrebbe esercitato l’opzione di rinnovo nei tempi previsti. Nel frattempo, gli Ultras della Pro Patria gli hanno espresso solidarietà con uno striscione: “Peppino non si tocca”

Il grido della Curva per il custode dello “Speroni”. E Peppino: «Grazie ragazzi, sono 33 anni che apro e chiudo questo cancello»

C’è uno striscione che resiste da giorni fuori dallo stadio “Speroni” di Busto Arsizio, semplice ma diretto: “Peppino non si tocca”. A firmarlo è la Curva della Pro Patria, che ha voluto manifestare così la propria solidarietà a Giuseppe Calderaro, per tutti “Peppino”, storico custode dell’impianto comunale da 33 anni, oggi alle prese con uno sfratto.

E il destinatario di quel messaggio non ha alcuna intenzione di rimuoverlo. Anzi, lo custodisce con orgoglio, come un attestato di stima. In primis da parte degli Ultras, ma più in generale da quei tifosi appassionati che “vivono” per la Pro Patria e che frequentano assiduamente lo “Speroni”. E che l’hanno sempre visto lì, al suo posto, nella casetta del custode: «Sono 33 anni che apro e chiudo il cancello. Tutti i ragazzi mi vogliono bene e mi hanno sempre voluto bene».

Con la fine di agosto, Peppino dovrà lasciare l’abitazione all’interno dell’impianto di via Ca’ Bianca. Il contratto è scaduto a giugno e, secondo quanto emerso, l’opzione di rinnovo non sarebbe stata esercitata nei tempi previsti. Gli uffici del Patrimonio del Comune hanno quindi agito di conseguenza.

Una posizione amministrativa chiara, che però non cancella l’affetto dei tifosi per Peppino, il “custode di tutti”, sempre presente e punto di riferimento per intere generazioni di appassionati biancoblù. Lo conoscono, lo salutano, lo rispettano. E oggi lo difendono.

«Tutti i ragazzi mi vogliono bene e mi hanno sempre voluto bene», ci racconta Calderaro con fierezza e commozione. «Lasciare questa casa mi dispiacerebbe moltissimo. A questo posto mi legano mille ricordi, a cominciare da mia moglie Rosa. Mi sono preso cura di questa casa come se fosse mia: ho sistemato tutto il giardino (e ce lo mostra orgoglioso, nda), sul retro ho riparato il muro che mostrava crepe e ho pure piastrellato. Ho aggiustato anche una tubazione a plafone. Ho sempre avuto rispetto anche per le strutture dello stadio: se vedevo ragazzi calciare contro i muri o rovinare qualcosa, intervenivo e dicevo che non si faceva così».

Ora ha affidato la questione a un legale, nella speranza di poter restare ancora un po’. Intanto, si gode quello striscione con orgoglio, quasi come fosse una medaglia. Perché, che resti o meno nella sua casetta allo stadio, Peppino è già entrato nella storia della Pro Patria. E nel cuore della sua gente.

Alessio Murace


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