Giusepèn, mi piazza sotto il naso, la foto che vedete pubblicata. "dèm dimi caicossa da chi fioeu lì" (suvvia, dimmi qualcosa che riguarda quei ragazzi di allora) - analizzo per bene, viso per viso e con la memoria, rincorro la vita di quell'epoca, tanto soffice e tanto cruda da commentare . "Soffice" per la mia spensieratezza di allora, "Cruda" per la vita che s'è svolta e che mi ha portato via l'innocenza di quei momenti. Poi, ho notato che in quella foto, ci sono unicamente due bambini tuttora viventi... diventati adulti.
In primo piano, c'è la Maria Giovanna, nata l'ultimo giovedì del gennaio 1946, quando si celebrava il rituale della "Gioeubia" (ce l'ho tuttora su chi si vanta di essere Bustocco e continua a scrivere "Giobia" che è solo una trasformazione blasfema del Dialetto Bustocco in Italiano) - peccato che chi "usa la Cultura" dovrebbe rispettarla a tutto spiano (sic) - Maria Giovanna l'ho vista quando ancora viveva la sua nonna Maria (a Brustiena) poi s'è sposata con un signore di Solbiate Olona e ci siamo persi - "a Giuòna" (che di cognome fa Rollini) ha poi ceduto la proprietà di nonna-mamma ed ha abbandonato il cortile - si giocava di brutto e si aveva la dimensione totale di come ogni cortile, avesse la gioiosità del nostro - lì dentro si sviluppavano giochi socievoli, come "a tola", "a corda" col salto di entrata da effettuarsi mentre i due che roteavano la corda, permettevano di entrarvi senza rallentare - "a nascondàs" dove i posti in cui occultarsi erano parecchi; dal giardino, anzi due giardini e forse tre, al porticato, dietro le siepi, oltre l'orto, in lavanderia o sotto le scale, ma pure nel fienile dove stazionavano gli attrezzi di campagna, l'erba fresca di taglio, buona per "rinfrescare" lo stomaco degli animali - chiaro che i due bimbetti (la Giuòna ed io) imparavano i trucchi del gioco e solo più tardi erano ammessi ai veri giochi di gruppo - per carità, ce n'erano altri di giochi: "a tòla", "i bugetti", i "figuitti", a "trassi'n patèla" a biscocca, ul tigalè - non vado oltre, ma in quel cortile, si attuava la Festa, l'insieme, la dolcezza di contare sugli amici.
Il bimbetto riccioluto con lo sguardo triste, sono io - cupo e dolorante - lo zio Geppo voleva farci "ul litrattu" (il ritratto, la fotografia) e mancavano dal gruppo, tre signorine: la Sandra, la Gian Paola e la Franca - quindi ,lo zio, mi invita ad andarle a chiamare - io sono a piedi nudi e corro, ubbidiente verso l'abitazione delle cugine - non mi accorgo, però che appena dentro l'uscio, era depositato il ferro da stiro bollente che la zia Giannina aveva posto a raffreddare - io ci ho messo il piede sopra e inavvertitamente ho provato cosa vuol dire stare …. all'inferno - "ma sa riscia i busecchi" (mi si torcono le budella) a ricordare quegli attimi - dolore (o come dice Boldi "dolore e …. un cerchio alla testa", ma lo zio Geppo voleva a tutti costi eseguire la foto - eccomi triste e solitario come il "passero di Leopardi" - din sulla vetta della torre antica, passero solitario, alla campagna vai..
Che aggiungere di me? ero già un "magatèl" (bimbo vivace e scaltro) a quell'epoca …. figuriamoci poi. - meglio che le cose stiano in cortile.
Di tutti gli altri …. si proprio tutti, tranne Giovanna e me, ho solo il ricordo, la loro simpatia, il loro raziocinio, la loro lezione di vita …. sono tutti morti e (Giusepèn, mi spiace) non mi garba di evocare i momenti tristi e quelli gioiosi, quando la "controparte" non può ribadire - li ho amati tutti, quei ragazzi e quelle ragazze che hanno accompagnato la mia fanciullezza - Giusepèn, annuisce, - "va ben inscì'" (va bene così). E... la vita continua!