Il rito si ripete, le emozioni si rinnovano. Il ritorno di immagini, note, impressioni, lungi dall’annoiare, conferma e rilancia il senso dell’essere alpini, un’adesione a valori radicati, l’appartenenza a un Corpo che ha fatto, e farà, la storia d’Italia. La 96esima adunata è stata, come prevedibile, tutto questo.
Nella marea di penne nere che ha sfilato per le strade di Biella, oltre cento provenivano da Busto Arsizio, Lonate Pozzolo, Gorla Minore. Riconoscibili anche grazie al corpo musicale “La baldoria”. Un “fiore all’occhiello”, sottolineava nei giorni precedenti l’evento il capogruppo di Busto, Mauro Airaghi. «Abbiamo sfilato più o meno in 120 – tirava le somme il vice, Silvano Caprioli – un centinaio da Busto. Le emozioni sono quelle di cui si scrive ogni volta e che sempre sono forti».
Più della fatica, che pure si fa sentire: la parata è imponente, la folla pure, il meteo e le temperature possono remare contro. Non solo, gli alpini sfilano a seconda della provenienza, partono prima quelli che hanno fatto più strada. E la sede particolarmente vicina dell’adunata 2025 ha spostato in là l’ora X per il gruppo di Busto.
«Quest’anno – la sottolineatura di Caprioli - siamo arrivati al punto che dovevamo raggiungere letteralmente guidati dalle bandiere tricolore, non potevamo sbagliarci. Abbiamo sfilato tra la nostra gente, la gente d’Italia che ci ha accolto e ha partecipato ancora una volta a questa grande festa».