Attualità | 08 maggio 2025, 16:21

Codice della Strada, controlli più approfonditi per certificare lo stato di alterazione alla guida

La circolare dei ministeri dell’Interno e della Salute arriva a sei mesi dall’introduzione della nuova legge: il solo tampone salivare (o l’esame delle urine) non può accertare la reale presenza di sostanza stupefacente nell’organismo del fermato

(Foto di repertorio)

(Foto di repertorio)

Cambiano le regole per il nuovo Codice della Strada introdotto alla fine dell’anno scorso. O meglio, si specificano in maniera più puntuale, specialmente quelle – particolarmente discusse - relative a chi, dopo aver fatto uso di sostanze stupefacenti, si mette alla guida: i misteri di Interno e Salute hanno infatti diramato, lo scorso 11 aprile, una circolare alle prefetture e alle forze dell’ordine di tutta Italia in risposta al malcontento delle associazioni e dei movimenti antiproibizionisti e di alcuni esperti di diritto (oltre alla richiesta di valutazione avanzata alla Corte costituzionale da parte del Tribunale di Pordenone).

Il ritorno dello “stato di alterazione psico-fisica”
La versione originale del testo aveva dichiaratamente eliminato la concezione dello stato di alterazione psico-fisica e, sostanzialmente, implicava l’eventualità per cui un test positivo anche riferito a giorni o settimane precedenti potesse risultare valido per incriminare una persona e portare alla sospensione della patente.

La circolare più recente, invece, stabilisce che l’accusa debba seguire l’accertamento che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo e che quindi sia stata assunta in un tempo prossimo alla guida del veicolo. Di fatto riportando in attualità il criterio dello stato di alterazione psico-fisica.

Più tutele per chi assume medicinali con principi attivi simili alle sostanze stupefacenti
Il sospetto di alterazione psico-fisica, però, non è sufficiente a portare all’incriminazione: serve accertare la presenza nell’organismo di metaboliti, molecole prodotte dal processo di metabolizzazione della sostanza stupefacente che, se attivi, decretano l’effetto continuato della sostanza stessa. Questo è possibile unicamente portando al più vicino laboratorio tossicologico forense due campioni di saliva raccolti dalle forze dell’ordine stesse a seguito di un test salivare preliminare positivo.

La presenza di metaboliti attivi porta, quindi, all’incriminazione. E alla conservazione dei campioni nel laboratorio stesso per almeno un anno, pronti alle necessità di magistratura e avvocati anche per possibili contro analisi. La presenza in saliva o sangue di metaboliti inattivi di sostanze stupefacenti non può quindi accertare lo stato d’intossicazione, così come non può farlo il test delle urine, e non presuppone automaticamente la sanzione o il ritiro della patente.

In fase di controlli laboratoriali sarà necessario infine, si legge ancora nella circolare, che le analisi distinguano i metaboliti dovuti a terapie ospedaliere o mediche, escludendo sanzioni nei confronti di persone che si trovino a dover assumere farmaci con principi attivi simili a quelli delle sostanze stupefacenti.

Redazione

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