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Busto Arsizio | 27 maggio 2024, 15:20

VIDEO E FOTO. Giovanni Muggeri: il missionario laico di Busto Arsizio che aiuta i bimbi poveri in India

La storia intrigante di un’infanzia difficile e del suo riscatto, sempre alla ricerca di una spiritualità, prima in sordina poi investigata in altre religioni e infine in quella cristiana. «Un concetto come l’amore puro ci permette di fermarci e assaporare i veri valori della vita, disinteressati»

VIDEO E FOTO. Giovanni Muggeri: il missionario laico di Busto Arsizio che aiuta i bimbi poveri in India

Sant’Agostino probabilmente l’avrebbe definito “Itinerarium mentis in deum”, un viaggio dell’interiorità alla ricerca di Dio. Esattamente quello che ha voluto fare Giovanni Muggeri, 26 anni, legnanese di nascita ma trasferito da subito a Busto Arsizio: la sua vita è una ricerca spirituale che lo ha condotto alla scoperta di Dio. Anche se i voti Giovanni non li ha mai presi, il suo percorso spirituale lo ha portato a conoscere il Vangelo, a ricercare Dio attraverso le bellezze della natura, attraverso la meditazione e il silenzio, a capire che il vangelo è una via per praticare l’amore per sé e gli altri, a ricercare la povertà e i valori della vita, quelli che innalzano l’uomo, quelli che danno un senso a tutto.

Un viaggio non semplice quello di Giovanni, un percorso che ha preso il via da quando era piccolo. La sua non è stata un’infanzia felice: tante le difficoltà, familiari, scolastiche. «Ho la terza media – confessa – Mi è mancata l’istruzione, ma non la conoscenza che ho cercato attraverso la musica, la lettura e la poesia: queste discipline hanno contribuito alla mia formazione. Ma già quando avevo 14 anni e mi barcamenavo per stare in equilibrio tra scuola (da cui fuggivo) e oratorio, dentro di me sentivo il desiderio di una ricerca spirituale, di cui ero inconsapevole».

Le difficoltà, gli amici e la forza di volontà

Educatore all’oratorio San Filippo e responsabile dell’oratorio estivo con l’allora coadiutore don Federico Cinocca, Giovanni ha compiuto esperienze di volontariato all’estero: in Bosnia, Albania, Polonia, Guatemala e tante altre. «Facevo attività nei villaggi con i bambini, le ragazze-madri – ricorda – nell’orto, esperienze culturali. A 18 anni sarei voluto rimanere in Guatemala. Poi ho attraversato un periodo difficile dal punto di vista familiare: sono caduto nelle dipendenze, specie del gioco: un malessere latente che è sfociato nel gioco».

Ma grazie all’aiuto di amici e alla forza di volontà, anche questa Giovanni l’ha superata. «Ora questa forza di volontà la chiamerei fede – chiarisce – Ho lavorato da Passalibro e ho iniziato una ricerca spirituale che tenevo in sordina. Avevo abbandonato l’oratorio: subivo molto il giudizio, pesavo 120 chili, quando avevo 19 anni. Ho iniziato allora a dedicarmi alla musica come compositore e frequentavo l’Accademia Cpm di Milano. La musica è stata la mia salvezza. Avevo iniziato la ricerca spirituale, lasciando però da parte il Cristianesimo: sapeva per me di vecchio. Mi sono appassionato di altre religioni: il buddismo, l’induismo, l’islam, tutte religioni che mi facevano credere in Dio, ma in modo diverso».

Così ha iniziato a praticare la meditazione buddista: tramite il silenzio ha ritrovato la possibilità di essere amato da qualcuno, da qualcosa. Il buddismo e la meditazione lo allontanavano dalla società. Poi, ecco affacciarsi la necessità di una ricerca nel vangelo, nel Cristianesimo. «Ho fatto “foglio bianco” e ho tolto i pregiudizi sul Cristianesimo, andando alla fonte – commenta – All’inizio questa operazione l’ho compiuta da solo, poi mi sono fatto aiutare dai francescani di diverse comunità, di Brescia, Padova. Del vangelo mi ha colpito soprattutto il fatto che rappresenta una via per praticare l’amore per se stessi e gli altri, è bellissimo sapere di essere figli desiderati da qualcuno di più grande. Ho riconosciuto dentro di me la vocazione verso la povertà, ho riconosciuto la religione cristiana dentro di me. Oggi è tutto tanto frenetico: un concetto come l’amore puro ci permette di fermarci e assaporare i veri valori della vita: gentilezza, accoglienza, dono, amore, rispetto, generosità, pace, ma il tutto deve essere disinteressato. Poi non ho potuto farne a meno: della parola di Dio, del Vangelo».

L’amore per la natura, come insegna il “Cantico delle creature”

Così la parola d’ordine è diventata la natura: ha iniziato ad assaporare Dio attraverso il creato, la natura appunto. Esattamente come il santo di Assisi. «San Francesco è un mio pilastro che mi accompagna sempre – ricorda – Poi nel 2022 qualcosa mi ha bussato al cuore e mi ha detto: “Ora fai esperienza della tua fede. Adesso sei saldo". Avevo capelli lunghissimi, uno scudo per me».

Da qui tante le esperienze e le coincidenze che hanno aiutato Giovanni, come il dialogo con un senzatetto di Milano con cui ha intavolato un discorso significativo che lo ha fatto riflettere: «Mi parlava di Dio attraverso il sole e la luna».  

La meraviglia e il baratro

A questo punto Giovanni ha deciso di cercare un volo per l’India: non conosce la lingua, nemmeno l’inglese, i soldi erano pochi, quel che era rimasto dal lavoro in libreria e dalla musica. «Ero a Milano, non sapevo nemmeno io la destinazione, poi il dito è scivolato su Delhi. Quel click ha segnato un’altra fase della mia vita. Una volta arrivato a Delhi, ho deciso di spostarmi a Varanasi, città sacra per gli induisti. Qui mi sono sentito subito a casa: una città di 4mila anni. L’impatto con la città e le persone mi hanno suscitato due sentimenti: meraviglia e baratro, sacro e miseria. Mi sono trovato spogliato dei miei pregiudizi, mi sono sentito subito accolto e ho iniziato a fare esperienza di fede: volevo trovare il vangelo dall’altra parte del mondo: incontravo bambini di strada, malati, poveri».

Giovanni ha poi trovato ospitalità da due fratelli: la sua vita consisteva nel girare, incontrare persone, chiedere ospitalità, venire a contatto con gli asceti indiani che sulle rive del Gange pregano: abbandonano ogni materialismo per cercare Dio. «Mi sono avvicinato con curiosità, ho osservato questa gente con rispetto. Questo mi ha fatto perseverare nella mia fede. Dovevo rimanere tre giorni, alla fine sono stato un mese, poi tre. Sono stato ospitato dalle suore di Madre Teresa che mi hanno offerto un bellissimo confronto, un dialogo. Rimanevo tanto per strada, incontravo la gente, salutavo tutti, sorridevo a tutti: mi sentivo libero. Ho conosciuto così tanta gente, imparato l’inglese».

Il servizio

Nel dicembre 2022, ecco il trasferimento in un’altra città, ai piedi dell’Himalaya. Prima però, il ritorno in Italia per rendere partecipe la famiglia della scelta. «Ormai ero rivolto alla ricerca di Dio, dell’altro. Ho provato a rimanere a casa qualche mese, non ce l’ho fatta. Mi mancava un tassello: il servizio».

Tornato in India, ha conosciuto un’amica che gli ha consigliato un’esperienza nel deserto, ai confini con il Pakistan dove c’è una città sacra: Pushkar. «Sento di dover restare lì più tempo. Ammiro i pellegrini che compiono il giro del lago presente in quella zona, un lago sacro. Ho donato tutti miei vestiti, mi sono fatto vestire da loro: un abbigliamento umile, pantaloni, camicia, scialle marroni, come San Francesco, poveri come quelli del santo».

L’incontro con quell’uomo che puliva il tempio

Lì, un’altra tappa, un altro incontro con un signore impegnato a pulire il tempio: «Mi racconta la sua vita. Mi dice di aver aperto una scuola nel deserto per i bambini poveri. Mi porta lì: sei garage aperti con 200 bambini di tante fedi religiose. Resto colpito. Torno in Italia, parlo di questo: era il settembre 2023, inizio un percorso con i francescani, parlo con gli amici e decidiamo di avviare una raccolta fondi».

La raccolta fondi

Inizia a prendere consistenza una piattaforma, chiamata “Go fund me” per la raccolta “School in the desert”: si arricchisce di foto e si raccolgono fondi per i progetti, per garantire i pasti ai bambini, per le attività culturali e per la manutenzione della struttura. «Le persone iniziano a donare. Torno in India: ridipingiamo tutto, facciamo lavori di manutenzione, distribuiamo pasti. Siamo riusciti a portare 50-60 volontari».

Ecco il link: https://gofund.me/7f137130

Da Busto ad Assisi a piedi, senza soldi

Ora Giovanni è tornato in Italia perché ha un altro progetto: entro metà giugno fare un cammino ad Assisi, da Busto, a piedi, senza niente, senza soldi. «Voglio aiutare i poveri mettendomi al loro livello. Mi affiderò alla gente, a persone che mi ospitano. Ma il percorso non sarà diretto: vorrò passare prima da Brescia, poi da Padova, quindi inizierò a scendere lungo lo stivale».

La serata a San Michele

Del suo progetto, del racconto della sua vita, della sua ricerca, il missionario ha voluto rendere partecipi i ragazzi di San Michele. L’altra sera nell’ambito della festa dell’oratorio ha incontrato i ragazzi al San Filippo: una serata all’insegna della ricchezza e della condivisione.  

In questi giorni Giovanni è a Busto, ospite dalla signora che lui definisce “la luce costante della sua vita”: la nonna Liliana.


Laura Vignati

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